Gaza, oggi scade tregua, al Cairo le parti si irrigidiscono

Gaza, oggi scade tregua, al Cairo le parti si irrigidiscono
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Lunedì 18 Agosto 2014, 09:53 - Ultimo aggiornamento: 19 Agosto, 14:05

Scade oggi la tregua di cinque giorni concordata tra Israele e Hamas per dare tempo alla mediazione in corso al Cairo su iniziativa egiziana. Ma le posizioni tra le due parti sono parse irrigidirsi. Intanto la scorsa notte, in seguito all'uccisione dei tre ragazzi ebrei avvenuta a giugno in Cisgiordania, l'esercito israeliano ha demolito a Hebron due case e ne ha murata una terza. Un portavoce militare israeliano ha precisato che si tratta delle abitazioni del responsabile della cellula dei rapitori, Hussam Kawasma (che nel frattempo è stato catturato) e di due suoi compagni (Marwan Kawasma e Amer Abu Aysha), tuttora latitanti. In passato il premier israeliano Benyamin Netanyahu aveva imputato a Hamas il rapimento e l'uccisione dei tre ragazzi ebrei. Ma nel comunicato emesso la scorsa notte dal portavoce militare non si fa riferimento all'affiliazione politica dei due Kawasma e di Abu Ayash. Il portavoce precisa d'altra parte che la demolizione delle due case e la muratura della terza sono state approvate dalla Corte Suprema israeliana, che ha respinto gli appelli presentati da alcune Ong.

Intanto Israele e Hamas hanno accompagnato con prese di posizione rigide la riapertura dei colloqui al Cairo per una tregua a Gaza.

A Gerusalemme il premier Benyamin Netanyahu ha sostenuto che Hamas «non può sperare di compensare una sconfitta militare con un successo politico» al tavolo dei colloqui. Ha anche ribadito che respingerà ogni proposta che non tenga nel dovuto conto la sicurezza di Israele. Immediata, da Gaza, la sferzante risposta di un portavoce di Hamas, Sami Abu Zuhri. La «sconfitta» non c'è stata e Netanyahu, ha sostenuto, ha preferito nascondere agli israeliani «le ingenti perdite» militari patite a Gaza. Hamas, ha proseguito, non è infiacchito e il prossimo round di combattimenti, ha previsto, si svolgerà ad Ashqelon, ossia in territorio israeliano. Appare dunque impegnativo l'incarico assunto dai mediatori egiziani, che comunque vedono al loro fianco il presidente palestinese Abu Mazen.

Questi, nella sostanza, ritiene opportuno assecondare le proposte egiziane e ha inviato il proprio consigliere Saeb Erekat a Doha (Qatar) per indurre il leader politico di Hamas Khaled Meshal a dare l'atteso via libera. Ma la posizione di Hamas resta inflessibile. Su suggerimento delle autorità del Qatar (che non vedono di buon occhio la mediazione egiziana) Meshal insiste per ricevere fin d'ora l'impegno che la Striscia possa disporre in un prossimo futuro di un porto commerciale e di un aeroporto.

L'ostilità israeliana è evidente: «Quel porto sarebbe subito sotto influenza iraniana, diventerebbe un duty-free per i loro missili» ha commentato il ministro per le questioni strategiche Yuval Steinitz. Secondo la televisione di stato israeliana la proposta egiziana prevede una fase iniziale in cui Israele si impegnerebbe a cessare gli attacchi a Gaza, con un impegno reciproco di Hamas. La riapertura dei valichi della Striscia verso Israele avverrebbe sotto controllo dell'Anp, e così pure l'ingresso nella Striscia dei materiale di ricostruzione. L'Anp dislocherebbe poi le proprie forze lungo la linea di demarcazione e allora Israele annullerebbe la zona di interdizione. La zona di pesca per Gaza (ieri riaperta fino a 3 miglia) sarebbe estesa a 19 chilometri. In questo progetto, secondo l'emittente, Hamas non viene mai menzionato. Il porto di Gaza, secondo la tv, verrebbe discusso in una fase successiva, ma nel contesto degli accordi di Oslo del 1993 fra Israele e Olp. Quegli accordi autorizzavano i palestinesi ad organizzare una gendarmeria per mantenere l'ordine pubblico, ma escludevano la costituzione di una milizia potente e ben organizzata così come è venuta a crearsi a Gaza negli anni in cui Hamas ha gestito la Striscia, in contrapposizione all'Anp. Dunque, nell'ottica israeliana, Gaza potrà disporre di un porto quando sarà demilitarizzata: una proposta che Hamas rifiuta in maniera categorica di prendere in considerazione.

Alla mezzanotte di oggi scade la tregua di cinque giorni cesserà e nessuno - nè i dirigenti israeliani nè i palestinesi - sanno dire se subito dopo riprenderanno i combattimenti. L'esercito israeliano ha fatto sapere di essere pronto ad ogni eventualità. Hamas, da parte sua, ha mostrato ai mass media la ripresa della produzione di razzi. Nel tentativo di uscire dalla spirale di violenza, migliaia di israeliani - fra cui lo scrittore David Grossman - si sono riuniti sabato a Tel Aviv, nella piazza Rabin. Al loro governo hanno detto che si presenta adesso la opportunità di rilanciare negoziati di pace con l'Anp, collegandoli ai colloqui sulla tregua. Ancora a giugno, hanno rilevato, Netanyahu aveva respinto il governo di unità nazionale palestinese, mentre adesso lo considera un partner adeguato ai colloqui del Caro. Dunque, hanno concluso, un'occasione da non lasciar sfuggire.

Il bilancio dei morti. Secondo l'agenzia palestinese al-Ray i morti accertati del conflitto della Striscia sono 2.016, mentre i feriti sono stimati in 10.193. «La maggior parte degli uccisi - sostiene al-Ray - sono bambini, donne e anziani».

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