Nell’aprile 2015, più di 2 tonnellate erano state rinvenute su una barca a vela al largo delle coste della Martinica. Adesso, invece, i trafficanti hanno fatto viaggiare la cocaina su strada sistemandola all’interno di sacchetti nascosti in alcuni contenitori di succo d’arancia (la fabbrica di Signes, infatti, produce concentrati per diverse bevande).
La questione riporta alla luce una leggenda metropolitana che accompagna da sempre la bibita più famosa e imitata (con scarsi risultati) del mondo. È dalla notte dei tempi che c’è chi sostiene come l’ingrediente segreto della Coca-Cola sia proprio la cocaina e che la scelta del nome derivi in maniera poco subliminale da questo. Le bufale si sono rincorse per decenni. Basti pensare che un paio di anni fa la stampa internazionale pubblicò le dichiarazioni di un ex dipendente e ingegnere pronto a giurare sulla ricetta stupefacente della Coca-Cola: questo, disse all’epoca, spiegherebbe anche il motivo che porta ad un consumo quotidiano e poi all’assuefazione.
La droga, secondo lui, sarebbe occultata sotto la voce “colorante caramello” (E 150 D”); ma è bastata qualche ricerca su Google per capire quanto fosse falsa la testimonianza. Il nome Coca-Cola, infatti, deriva dall’uso di aromi di noci di cola e di foglie di coca (ovviamente private delle sostanze tossiche). Ma anche in questa occasione, di fronte ad una partita di merce non richiesta, l’azienda ha rilasciato dichiarazioni ufficiali sostenendo che la cocaina non è mai stato l’ingrediente aggiunto del soft-drink.
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