I fatti oggetto della contesa legale risalgono al 2014: ferma al drive-thru di Starbucks di Jacksonville, la Mogavero si apprestava ad assaporare il proprio caffè all’interno della sua auto quando, ad un tratto, il coperchio che delimitava il bicchiere, forse difettoso o non sistemato in maniera corretta, saltò permettendo la fuoriuscita della bevanda, che, a una temperatura di novanta gradi, andò a finire sul ventre, sull’inguine e sulle cosce della donna con tutte le conseguenze terribili del caso.
Riguardo alla disavventura, Starbucks, catena statunitense tra le più note al mondo nel settore della caffetteria, ha sempre cercato di dimostrare la propria innocenza, sottolineando come, al momento dell’incidente, il bicchiere fosse in mano alla Mogavero, una giustificazione non accolta dal tribunale, secondo cui la responsabilità dell’azienda americana limitatamente all’infortunio occorso alla donna è pari all’ottanta percento.
È proprio sulla base di questo fondamentale presupposto che la corte di Jacksonville ha stabilito l’entità del (maxi) risarcimento: quindici mila dollari a copertura delle spese mediche già affrontate dalla Mogavero e ottantacinque mila bigliettoni per "la sofferenza, il danno fisico, la deformità che ne è derivata e la perdita della capacità di godersi la vita".
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