Il flop degli 007 non giustifica la stretta sui diritti

di Paolo Graldi
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Mercoledì 15 Giugno 2016, 00:09
La reputazione dei servizi di intelligence francesi inciampa e cade ancora, sfiorando il ridicolo, dopo i flop disastrosi del 13 novembre e in qualche misura anche della macelleria jihadista del 22 marzo all’aeroporto e alla metro di Bruxelles.

Lo sgozzamento di un capo poliziotto e della sua compagna, l’altra notte alla periferia di Parigi, da parte di Larossi Abballa, in nome dell’Isis, rilancia il giudizio sulla traballante efficienza delle rete antiterroristica d’Oltralpe, se non altro perché il killer doveva essere tenuto al guinzaglio stretto per i suoi precedenti specifici, compresa una condanna a tre anni di carcere. E, invece, si scopre della sua assoluta pericolosità, a sangue versato quando il “martirio” lo strappa dalla scena del crimine e consente ad Al Baghdadi di aggiungere segni di morte alla sua infinita contabilità dell’orrore.

Sapevano molto di lui, magistrati e poliziotti. Interrogato, perquisito, processato, condannato all’interno di una filiera jihadista afgano-pachistana, rimesso in circolazione, libero di muoversi, di riaccendere contatti, di pianificare “vendette”: un percorso comune ad altri lupi solitari o ad affiliati in bande sotto l’insegna gridata di “Allah è grande”, anch’essi individuati, tenuti per un poco nel mirino dei controlli e poi persi di vista, pronti all’azione individuale o di gruppo.

I vertici della politica ma anche i diretti interessati dei servizi di sicurezza non nascondono rabbia e imbarazzo, la sostituzione di alti dirigenti non è bastata o non è servita, i declamati livelli di massima all’allerta si sono rivelati reti a maglie larghe.

Il calendario dei fatti, ultimi ma temibilmente non ultimi quelli di Orlando e di Mantes-la-Jolie, riaccende con una paura diffusa e palpabile anche le riflessioni sulla reale portata di un nemico evanescente, probabile sul fronte dei sospetti ma anche pulviscolare, quasi inafferrabile, mimetizzato, un credo che sa arruolare giovani (quasi tutti tra i venti e i trent’anni) per lo più naturalizzati, con passaporti regolari, dei Paesi dove abitano, dove sono cresciuti, dove hanno imparato la lingua, e dove si muovono con agilità e disinvoltura. Soggetti all’apparenza del tutto simili ai loro “nemici”, che abitano la porta accanto, che conoscono e vedono nella quotidianità.

Dunque, se è vero che i filtri di polizia si sono rivelati o miopi o strabici è altrettanto vero che le leggi dello stato di diritto non consentono, ad oggi, di forzare il peso di una sorveglianza che andrebbe ad intaccare la stessa dignità della persona. Non si trova ancora una formula incisiva e penetrante, una tenaglia giudiziaria davvero in grado di sorvegliare e estrarre dai contesti sociali soggetti ad alto rischio o addirittura già compromessi.
Tutti gli individui implicati nelle azioni di terrorismo, da anni ormai ci dicono i risultati delle indagini, mostrano biografie esemplari, da questo punto di vista: non sono funghi spuntati in una notte ma persone con carature specifiche, che possiedono elementi di rischio, portatori di virus pronti a deflagrare. Il presidente francese Hollande promette nuove leggi, maggiore severità, impegni allo stremo e tenta di fronteggiare una opinione pubblica non ostile ma smarrita e attonita, anzi sgomenta dalla sequenza di attacchi a cadenza regolare che insanguinano la capitale, e non solo Parigi.

Ma anche dall’altra parte dell’Atlantico Fbi e Cia masticano sabbia esposti, sia pure in contesti diversi ed anche diversissimi, a critiche feroci divenute adesso il fulcro della campagna presidenziale. Il radicalismo fai da te, la conversione via web, il richiamo alle lontane origini che reclamano di spargere odio e sangue contro gli Infedeli, la suggestione di commettere qualcosa di importante per scuotere un’esistenza vissuta come insignificante, ecco, questa miscela dove l’Altro va assassinato in quanto diverso alimenta il calendario dei lutti e davvero nessuno può tirarsi tranquillamente fuori pensando che la tragica stagione che stiamo vivendo tutti non lo riguardi.
Far volare facili giudizi di inadeguatezza può cogliere nel segno, là dove ci sono elementi concreti di critica ma serve anche prendere atto della velenosa evanescenza di un nemico subdolo che non ha bisogno di infiltrarsi perché possiede una identità spendibile, protetta, facile allo sdoppiamento maligno.
 
Siamo entrati, come da proclami del portavoce al Adnani (21 maggio) in una stagione che l’Isis vuole contrassegnare con tutti i possibili attacchi agli Stati Uniti e all’Europa durante il mese del ramadan? L’appello di “andate e uccidete” forse segnala una fase di crisi e pur tuttavia resta da capire quanti Larossi Abballa, armati di soli coltelli o, negli Usa, di fucili d’assalto, si sentono pronti a farsi avanti postando su un sito a raggio planetario il proclama di morte. Diventa inevitabile moltiplicare i quadranti della vigilanza intelligente cercando tuttavia di ridurre al minimo gli effetti sulla libertà personale di ciascuno.
L’intelligence è tale se colpisce con i suoi dardi obiettivi mirati, circoscritti, chirurgici evitando di allargare a macchia d’olio, su tutti, il potere di scrutare troppo da vicino il nostro modo di vivere. Quello sarebbe un arretramento davvero pesante da pagare. Forse siamo ancora in tempo per chiedere che siano solo il bisturi o il laser a colpire chi ci minaccia.
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