Fidel Castro, tra fallimenti e figli contesi il rivoluzionario che si trasformò in dittatore

Fidel Castro, tra fallimenti e figli contesi il rivoluzionario che si trasformò in dittatore
di Mauro Evangelisti
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Sabato 26 Novembre 2016, 14:36 - Ultimo aggiornamento: 27 Novembre, 13:23

La carriera di rivoluzionario di Fidel Castro comincia con un clamoroso fallimento, che nell'epopea della revolucion cubana però sarà trasformato in un evento da ricordare e celebrare con lo slogan "siempre es 26". Il 26 luglio 1953 un Fidel Castro non ancora ventisettenne guida l'assalto della Caserma Moncada, a Santiago de Cuba, nel tentativo di dare vita alla ribellione contro il regime di Batista. Finisce malissimo, un epilogo quasi fantozziano, i 160 che partecipano alla missione sono male equipaggiati, ancora peggio organizzati, e hanno ben presto la peggio. Fidel viene catturato e imprigionato. Ecco, la sua storia sembra finire qui, con il processo che lo condanna a 15 anni di reclusione e Fidel, laureato in legge, che si difende da solo e pronuncia la celebre frase «la historia me absolverà». Fu liberato dopo due anni, grazie a un'amnistia, fosse rimasto davvero in carcere per tre lustri difficilmente Fidel sarebbe divenuto Fidel.

Cinque anni dopo il flop della Moncada, Fidel, insieme al fratello Raul e a quell'argentino coraggioso, un poco strano e non amante delle docce, Che Guevara, ci riprova: questa volta parte dal Messico, a bordo dell'imbarcazione Granma che rischia di affondare perché i guerriglieri  a bordo sono troppi e la nave è troppo vecchia, e inizia quella rivoluzione che miracolosamente riesce e resiste agli innumerevoli tentativi degli Stati Uniti, negli anni, di sconfiggerla. Mentre muoiono prima in un incidente aereo - con qualche ombra - uno degli altri protagonisti della revolucion, Camilo Cienfuegos, poi il Che che non ce la fa proprio a trasformarsi in burocrate e torna a combattere in Bolivia, Fidel con al fianco Raul (considerato sempre troppo debole secondo i canoni machisti cubani) si trasforma parte in feroce dittatore che sopprime il dissenso, parte in padre-padrone del suo popolo che oggi versa anche lacrime sincere. Restano celebri i suoi interminabili discorsi alla tv nazionale cubana: il pueblo lo ascolta paziente e spera, ad ogni pausa, che il discorso sia concluso, perché così può riprendere la nuova puntata della telenovela del momento. E invece no: Fidel continua a parlare, per ore e ore.

Le donne. Sì, Fidel Castro - da buon cubano - è seguito dalla fama di grande donnaiolo, di avventure sparse in giro per il mondo, non solo nell'isla. Ufficialmente ha due mogli e dieci figli. La prima è  Mirtha Díaz-Balart, figlia di un ricco e potente politico prima della rivoluzione, studentessa di filosofia all'Avana, due anni più giovane di Fidel. Si sposano nel 1948 e vanno in viaggio di nozze a Miami, proprio dove in queste ore la comunità degli esuli e dei figli e nipoti degli esuli sta festeggiando per strada la morte di Castro. Divorzieranno dopo sette anni, mentre Castro è in esilio. Hanno un figlio, da tutti chiamato Fidelito, che Castro sottrae alla madre quando va in Messico a trovarlo, mentre Mirtha dal 1959 vive in Spagna. Ecco, nella determinazione di Castro per portare Fidelito con sè, c'è chi vede un riflesso nella battaglia che nel 2000 tutta Cuba farà per riportare in patria Elian Gonzales, bimbo portato a Miami dalla madre che però morì nel viaggio e reclamato dal padre che invece era rimasto nella Isla.

Il bloqueo e le jineteras. Fidel è sempre stato un abile, abilissimo, affabulatore e regista della propaganda, ha saputo sfruttare a proprio favore la retorica dell'embargo con cui, con miopia, gli Stati Uniti avevano tentato di strangolare Cuba. Così, anche negli anni 90 del periodo especial, quando davvero i cubani non avevano da mangiare, il regime fu in fondo salvato dalle jineteras, le ragazze che facevano innamorare i turisti. Da una parte Fidel combatteva la prostituzione, perché uno dei cancri del regime di Batista era proprio lo sfruttamento delle donne, dall'altra tollerava gli "strani amori" tra le ragazze cubane e i turisti arrivati dall'Europa e dal Canada, perché fu una fonte vitale di preziosi dollari. Fidel ha però dovuto accettare anche che con il turismo arrivase anche una versione perversa di consumismo, di caccia feroce al regalo griffato. Dal comunismo al consumismo.

I papi. La svolta geniale di Castro, che va sempre ricordato studiò dai Gesuiti, ci fu con il dialogo con il Vaticano. Fidel si è sempre presentato come difensore dei poveri e tra i primi ha messo in guardia sulle possibili distorsioni della globalizzazione. Nella retorica consunta che ripete che a Cuba quanto meno funzionano scuole e ospedali c'è una parte di vero. Ma la svolta avviene il 21 gennaio 1998 quando papa Giovanni Paolo II visita L'Avana. Fu una delle poche occasioni in cui Castro rinunciò alla caratteristica uniforme verde oliva, per indossare la cravatta. 

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