Europa al bivio/Fra le astuzie britanniche e la miopia tedesca

di Romano Prodi
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Domenica 11 Settembre 2016, 00:05
Dopo un breve periodo di sonno estivo la politica europea si è messa a correre. Venerdì scorso i responsabili dei Paesi del sud Europa si sono riuniti ad Atene per chiedere più flessibilità e quindi maggiore possibilità di crescita. Un incontro che avrebbe dovuto avvenire anni fa ma che non era mai avvenuto. Il fatto importante è che venerdì ad Atene, insieme ai “poveracci” del Sud, vi erano anche i francesi. Forse per questo motivo la reazione tedesca è stata di una violenza inusitata, con espressioni quasi minacciose da parte del capogruppo della Cdu Weber e del ministro dell’economia Shaeuble.

Essi hanno subito ribadito che di flessibilità ne hanno già concessa abbastanza e che le regole vanno rispettate, dimenticando il danno del mostruoso surplus commerciale tedesco che, da anni al di sopra di ogni regola comunitaria, rende molto più difficile la capacità di ripresa degli altri Paesi. Non si apre quindi bene la settimana europea che vede domani, come primo round, l’audizione di fronte al Parlamento Europeo del rappresentante inglese per discutere della Brexit. Quanto gli inglesi valutino quest’incontro è dato dal fatto che di fronte al Parlamento non arriverà il Primo Ministro Britannico ma un funzionario di grado non primario, a dimostrare che la strategia inglese è quella di tirare in lungo fino all’infinito le trattative, sfiancando i già divisi partner europei.

E portando avanti per proprio conto una serie di politiche (come gli accordi commerciali con Australia e Corea) che sono riservate esclusivamente alla competenza dell’Unione Europea. Per anni avremo quindi la Gran Bretagna dentro e fuori dall’Unione a seconda di quello che le conviene, valendosi di un formalismo giuridico che diviene forte per effetto delle divisioni tra i membri dell’Ue. Come ha vigorosamente sostenuto la parlamentare europea Sylvie Goulard, questo modo di procedere è incompatibile con qualsiasi interpretazione dell’interesse comune. Il vero problema è che si è perso l’interesse comune.

Per tutti questi motivi attendiamo con una certa attenzione la conferenza stampa che il Presidente della Commissione Juncker farà martedì. Le indiscrezioni hanno infatti sussurrato che Juncker proporrà di togliere dal patto di stabilità una serie di spese nel settore della ricerca e degli investimenti. Se questo avvenisse la reazione tedesca dovrebbe essere ancora più forte di quella manifestata nei confronti dell’incontro di Atene e metterebbe in rilievo una divisione formale e sostanziale fra i Paesi del Sud (in questo caso con l’appoggio della Commissione) e la Germania che, insieme all’Olanda e alla Svezia, guida la politica di austerità che sta soffocando l’Europa.
Di questo e del Brexit si dovrà quindi discutere venerdì prossimo nel momento-clou della settimana europea, al vertice del Consiglio di Bratislava. Anche se a tutt’oggi non si dispone ancora di un’agenda di quest’incontro di cui tutti parlano da mesi, credo che sia inevitabile che ci si debba almeno confrontare su due punti.

Il primo è se si può andare avanti per tre o quattro anni a discutere su come la Gran Bretagna dovrà uscire dall’Unione, con il Primo Ministro Britannico che, mentre ripete che Brexit significa Brexit, si rifiuta di cominciare i negoziati prima del prossimo anno e, intanto, agisce come se la Gran Bretagna fosse già fuori dall’Unione. Possiamo andare avanti tre o quattro anni con quest’asimmetria? Non è l’ora di elaborare una dottrina generale per tutti i Paesi che, pur non essendo membri dell’Unione, hanno con noi rapporti stretti ed amichevoli? E quindi in primo luogo con la Gran Bretagna, ma senza pensare che essa possa essere nello stesso tempo dentro e fuori dall’Unione Europea!
In secondo luogo a Bratislava, anche in conseguenza della riunione dei Paesi del Sud Europa, non si potrà ancora rimandare il necessario chiarimento sulla politica economica europea. Finora si è lasciato il compito di salvare il salvabile alla Banca Centrale Europea. Essa ha svolto il suo lavoro in modo egregio ma è ormai chiaro che la Bce è in grado di costruire dei paracadute ma non degli aeroplani. Tuttavia, senza una nuova politica, l’Europa non volerà mai.

Qui non si tratta solo di formalismi giuridici ma di decidere se può essere nell’interesse generale che l’Europa continui ad essere il fanalino di coda dell’economia mondiale mentre la Germania conserva da anni un surplus della bilancia commerciale di oltre 300 miliardi di euro. Un attivo che si avvicina ormai all’intero Prodotto Nazionale di un Paese come il Belgio, e si accompagna ad un surplus del bilancio statale di oltre 27 miliardi, pur non essendo la Germania gravata da alcun problema di debito.

So benissimo che la Germania si può permettere questo in conseguenza delle sue virtù e non dei suoi vizi ma chi pretende di esercitare la leadership in Europa deve rendersi responsabile dell’interesse generale e non solo degli umori del proprio elettorato. Credo perciò che le parole di disprezzo pronunciate dai leader tedeschi siano frutto del fatto che essi non erano ad Atene a vedere direttamente come è stato ridotto alla miseria un Paese che ha perso oltre un quarto del proprio reddito. Eppure bastava che avessero fatto il percorso dall’aeroporto di Atene fino al centro della città, dove tutto è in vendita e nessuno è in grado di comperare. E tutti sanno che sarebbero bastati due soldi e un poco di saggezza per evitare un danno che si ripercuote su tutti noi e che traccia un’ombra sul futuro dell’intera Europa, Germania compresa. A Bratislava sarà quindi opportuno riflettere anche sul fatto che non vi può essere leadership senza saggezza.

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