Il presidente Abdel Fattah al-Sisi non ha ancora sciolto la riserva riguardo la sua candidatura. Secondo gli osservatori le elezioni vedranno con ogni probabilità la sua conferma alla guida del Paese. Ieri l’ex premier egiziano Ahmed Shafiq, l’ultimo premier sotto Hosni Mubarak e sfidante sconfitto per un pelo (2%) dal poi defenestrato Moahamed Morsi nel 2012, considerato il rivale numero uno di al-Sisi, ha dichiarato che non si candiderà, contrariamente a quanto annunciato lo scorso novembre. E anche qui bisognerebbe approfondirne i motivi (visto che in passato aveva detto che niente e nessuno lo avrebbe fermato. Cosa o chi gli ha fatto cambiare idea?). La discesa in campo dell’ex generale d’aviazione peraltro era già stata connotata - e screditata - da due allarmi - un arresto domiciliare negli Emirati e una misteriosa sparizione in Egitto - nati anche a causa del suo entourage e poi rivelatisi infondati (qualcuno però parla di una sfilza di arresti in famiglia). Sisi intanto a novembre aveva annunciato di voler decidere se ricandidarsi solo dopo aver sondato le «reazioni» del popolo egiziano alla presentazione delle sue realizzazioni, prevista per questo mese.
È intenzionato a partecipare alla corsa alla presidenza anche Khaled Ali, avvocato per i diritti umani già candidato alle presidenziali del 2012 e condannato a tre mesi di carcere per «offesa alla decenza». Ma se la condanna sarà confermata in appello Ali non potrà però candidarsi. A dicembre è stato invece arrestato e condannato a sei anni di carcere il colonnello Ahmed Konsowa: anche lui aveva annunciato di volersi candidare alle presidenziali. Il rischio è che alla fine a correre per la poltrona sarà solo al-Sisi (la storia dunque si ripete).
In attesa di sciogliere la riserva in maniera definitiva questo mese è comunque anche Mohamed Anwar Sadat, il nipote del defunto presidente egiziano della pace con Israele, ucciso in un attentato terroristico nel 1981. Ex parlamentare cacciato dall’assemblea per aver passato ad ambasciate straniere una bozza della legge anti-ong, Sadat aveva preannunciato di volersi candidare già in giugno e lo aveva ribadito a dicembre sottolineando però di non voler legittimare il regime al potere.
Ma intanto nel Paese non tira una buona aria da troppo tempo ormai. La miseria è dilagante, le proteste sono soffocate. Per non parlare dei continui aumenti (primi fra tutti quelli del cibo). Trovare lavoro poi è un miraggio. Ma più di tutto c'è la paura del terrorismo (a partire dai continui attacchi a chiese e moschee). Il Sinai poi è praticamente isolato (ormai non si contano più i poliziotti morti. Ci sono persino immaggini con posti di blocco formati da terroristi).
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