Guerra ai dazi Usa, ritorsione Ue: dai jeans alle Harley

Trump e Melania (Ap)
di Antonio Pollio Salimbeni
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Sabato 3 Marzo 2018, 07:51 - Ultimo aggiornamento: 5 Marzo, 15:03

BRUXELLES Più che semplice aria di guerra commerciale, si tratta ormai alla disposizione delle mine nel campo. Europa, Canada, Cina (con molta cautela), perfino Russia: Trump ha riunificato un fronte che appariva tutto fuorchè compatto. Dopo l'annuncio che la prossima settimana saranno introdotti dazi del 25% e del 10% sulle importazioni di acciaio e alluminio, la tensione internazionale è salita al massimo. Era nell'aria da qualche settimana, ma tutti in fondo speravano che la scelta protezionista di Trump sarebbe rimasta su Twitter. Invece no.

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Il presidente americano sembra proprio convinto a procedere fino in fondo. È questo il motivo che ha spinto le Borse di tutto il mondo al ribasso: partendo dall'Asia, passando per l'Europa con Milano a -2,39%. L'Europa come tutti gli altri grandi paesi sotto il tiro della Casa Bianca è esterrefatta. Soprattutto perché Trump non dà tregua. Ieri ha rincarato la dose: »Quando un paese (gli Usa, ndr) perde molti miliardi di dollari nel commercio, le guerre commerciali sono buone e facili da vincere. Quando perdiamo cento miliardi con un paese e diventano gentili, smettiamo di commerciare e vinciamo alla grande. È facile».

I PRECEDENTI
L'allarme è generalizzato. Bruxelles ha il pieno sostegno dei principali governi, da Berlino a Parigi a Roma, che spingono per agire subito. I contatti tra la Commissione e i partner commerciali, come Canada, Brasile, paesi dell'area asiatica, Russia, sono febbrili. Si definiscono i passi da compiere al Wto. Poi a metà giornata la conferma: l'esecutivo Ue ha già la lista pronta di prodotti americani da colpire. Si tratta di dazi all'importazione su vari prodotti: un terzo siderurgici, un terzo agricoli, un terzo di altri settori tra cui tessile, meccanica. Tra gli altri, mirati la Harley-Davidson, il Bourbon e i jeans Levi's. La Commissione deciderà mercoledì. Una volta decise le contromisure, compatibili con le regole dell'Organizzazione mondiale del commercio precisa Bruxelles, possono essere operative nel giro di una-due settimane.

C'è il rischio di un incattivimento generalizzato delle relazioni internazionali. La commissaria al commercio Cecilia Malmström parla di «pericoloso effetto domino». Ed è questo che temono i mercati e si comincia a temere anche negli Usa. A Bruxelles si spera che la levata di scudi semiglobale induca Washington a frenare. Secondo il vicepresidente Jyrki Katainen potrebbe esserci «una piccola finestra di opportunità» perchè la formalizzazione dell'attacco americano alle importazioni di acciaio e alluminio si concretizzerà solo nel corso della prossima settimana. In fondo, nel 2002 George Bush, che aveva scatenato una simile guerra dei dazi sempre per difendere l'acciaio americano, dovette fare marcia indietro. La Ue aveva preparato contromisure che andavano fino al 100% nel caso dei succhi di frutta, delle T-shirt e degli slip. Risposero anche le altre potenze siderurgiche globali con contromisure per 2,2 miliardi di dollari che avrebbero colpito frutta, legumi, tessili, scarpe, moto.

Gli Usa sono il più grande importatore di acciaio del mondo, principali fornitori Canada, Brasile, Corea del Sud. Poi ci sono Cina ed Europa. La sola Germania copre il 4% delle importazioni americane. Più colpiti dai dazi Usa sarebbero Germania e Olanda che con 951 mila e 632 mila tonnellate di prodotti finiti esportati sono in testa all'interscambio commerciale con gli Usa. Seguono Francia (237 mila tonnellate), Svezia (216 mila). L'Italia è il quinto esportatore verso gli Usa con 212 mila tonnellate di prodotti finiti nel 2017.

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