Clinton, il piano B dei democratici: Biden pronto a scendere in campo

Clinton, il piano B dei democratici: Biden pronto a scendere in campo
di Anna Guaita
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Martedì 13 Settembre 2016, 08:07 - Ultimo aggiornamento: 14 Settembre, 15:00

NEW YORK - Ora che Hillary Clinton ha ammesso a malincuore di essersi beccata una polmonite, i repubblicani sono tutti eccitati all’idea che la candidata democratica possa ritirarsi dalla corsa per motivi di salute. Ma analisti vicini al partito ammoniscono che un abbandono da parte della ex segretario di Stato non sarebbe affatto auspicabile, in quanto chi sarebbe probabilmente chiamato a sostituirla avrebbe più chance di sconfiggere Trump di quante non ne abbia lei al momento. Sono tre infatti i nomi in cima alle classifiche: il vice di Hillary Tim Kaine, il senatore Bernie Sanders, e il vicepresidente Joe Biden. E tutti e tre godono di solida popolarità, senza avere il peso negativo che hanno sia Clinton che Trump, tutti e due appesantiti nei sondaggi da un forte tasso di disapprovazione.

QUALI SONO LE REGOLE
Ci sono poi candidati di fantasia: c’è chi propone Michelle Obama, chi propone Chelsea, la figlia dei Clinton. Idee peregrine, tant’è che Michelle proprio ieri ha annunciato che scenderà in campo per fare campagna per Hillary, per dimostrarle solidarietà. Ma è verosimile pensare che Hillary possa essere sostituita? I regolamenti del partito democratico sono abbastanza vaghi, tranne che su un punto: dopo la Convention e la consegna della nomination, solo il candidato può scegliere di ritirarsi. La nomination è sua, e il partito non gliela può più sottrarre. Dunque ci vorrebbe che Hillary Clinton si sentisse tanto insicura e ammalata da decidere che non può più proseguire nella estenuante corsa verso la Casa Bianca. L’ipotesi è irreale. E tuttavia nei corridoi del potere c’è grande discutere, e gira la voce che il Democratic National Committee stia effettuando discrete consultazioni per essere pronto a convocare un’assemblea elettorale nel caso Hillary davvero gettasse la spugna. 

LA SCELTA DEI TRECENTO
I membri del Committee sono 300 (sindacalisti, capi di partito al livello statale, alcuni deputati, ex sindaci), e per nominare un altro candidato basta la maggioranza semplice, quindi 151 voti. La nuova presidente del Committee è Donna Brazile, una afroamericana con enorme peso nel partito. Brazile è stata la manager della campagna di Al Gore nel 2000, e ha partecipato a numerose campagne presidenziali. Se c’è qualcuno che conosce le elezioni e i meandri del partito è proprio lei. E se si dovesse scegliere un nuovo candidato, la sua parola avrebbe grande peso. 

IL RUOLO DI BRAZILE
Brazile è stata scelta in agosto per riportare la pace nel partito democratico dopo che Wikileaks rivelò che il Comitato, allora sotto la guida della deputata Debbie Wasserman Schultz, aveva espresso preferenza per Hillary a scapito di Bernie Sanders, il senatore del Vermont. Il primo gesto di Donna Brazile fu di scusarsi con Bernie Sanders. Ma questo non deve far credere che ora la 56enne politologa sarebbe favorevole a dare a lui la nomination. Per quanto Sanders sia arrivato secondo nelle primarie, il partito non lo giudica un buon candidato. Prima di tutto ha 76 anni, e sarebbe il più anziano candidato della storia alla presidenza. Poi non è un vero democratico: è un socialista che ha “corso” nel partito dell’asinello, ma non gli è fedele. E poi, se è vero che piace molto ai giovani, non piace invece alla base più importante per il voto dell’8 novembre e cioè le minoranze. Semmai sarebbero più verosimili le candidature di Tim Kaine, che verrebbe promosso da vice a primario, o di Joe Biden, il vice di Obama, l’uomo che tutti nel partito volevano, e che gode di grande popolarità. 

QUEL SIMPATICO DI TIM
Tim Kaine non è molto noto nel Paese, ma dovunque vada riscuote simpatia, e poi ha un curriculum di tutto rispetto, con esperienze come sindaco, governatore e senatore, e la fama di essere capace di mediare fra i due partiti. Ma non ci sono dubbi che tutti preferirebbero Joe Biden. Il vicepresidente stesso ha espresso rimpianto per non aver corso. Ma l’anno scorso, quando doveva decidere, il dolore per la morte del figlio ucciso da un cancro lo paralizzò. Oggi sembra in ripresa. Ma i suoi sogni presidenziali hanno comunque un grosso ostacolo: il fatto che prima Hillary dovrebbe ritirarsi.

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