I Bush contro Donald Trump: «Non appoggeremo il candidato repubblicano»

I Bush contro Donald Trump: «Non appoggeremo il candidato repubblicano»
di Antonio Bonanata
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Giovedì 5 Maggio 2016, 15:36 - Ultimo aggiornamento: 6 Maggio, 14:33

Mentre ormai appare chiaro che sarà Donald Trump il candidato repubblicano alla Casa Bianca nelle elezioni presidenziali di novembre, rafforzato dal ritiro degli sfidanti Ted Cruz e John Kasich, continuano ad arrivare i distinguo, le prese di distanza, gli smarcamenti dal partito che in teoria dovrebbe appoggiarlo.

Gli ultimi due “mancati endorsement” al magnate newyorkese sono di un certo peso: l’ex presidente George Herbert Walker Bush, 91 anni, e il figlio George Walker Bush, 70 anni a luglio, non sosterranno “The Donald”. Lo hanno fatto sapere i rispettivi portavoce in alcune dichiarazioni pubbliche, più volte confermate. «Il presidente George W. Bush non prevede di partecipare o di offrire commenti alla campagna elettorale» ha detto Freddy Ford, che cura i rapporti con la stampa per conto di Bush figlio. Stessa linea adottata da Bush padre, il più anziano ex presidente degli Stati Uniti vivente, che ha fatto rilasciare una dichiarazione più caustica: «A 91 anni il presidente Bush è fuori dalla politica. Egli, com’è naturale, ha potuto fare ben poco per aiutare Jeb, ma quel poco che ha fatto è l’eccezione che conferma la regola» ha detto Jim McGrath, portavoce dell’anziano ex inquilino della Casa Bianca.

Ed è proprio la figura di Jeb Bush, fratello di George W. e figlio di George H.W., ad aver pesato, e molto, in queste decisioni. Ritiratosi a febbraio dalla corsa per la nomination, l’ex governatore della Florida aveva, anche se solo per poco, alimentato il sogno della dinastia texana di portare un terzo membro della famiglia dentro la Stanza ovale. Trump, da parte sua, non aveva lesinato critiche e commenti sprezzanti nei confronti di Jeb, definendolo «poco energico» e «fonte di imbarazzo per la sua famiglia». A questi giudizi si aggiungono le ripetute dichiarazioni del magnate newyorkese sulla guerra in Iraq del 2003, bollata come «un errore». Trump ha attaccato George W. Bush per aver mentito sulla questione delle armi di distruzione di massa, presentata dal Pentagono come concreta minaccia per la sicurezza degli Stati Uniti e principale pretesto per scatenare l’inferno a Baghdad: «Hanno mentito. Hanno detto che c’erano armi di distruzione di massa, e non c’erano. Sapevano bene che era così» ha detto “The Donald” nel corso di un dibattito in South Carolina, lo scorso febbraio.

L’annuncio del mancato appoggio dei Bush alla corsa di Trump verso la Casa Bianca complica ulteriormente un percorso che fin dall’inizio si era annunciato difficile, con l’intero establishment del Partito repubblicano contrario alla sua candidatura ma arresosi di fronte all’evidenza dei fatti, anzi dei numeri: Trump finora ha ottenuto 1.054 delegati, gliene mancano 183 per ottenere l’investitura ufficiale e c’è da credere che non sarà complicato agguantarli. Nell’opinione pubblica continua ad avere il vento in poppa ma è il partito il suo vero problema: l’apparato di dirigenti, governatori locali e amministratori, che dovrebbe incoronarlo ufficialmente candidato, gli resta ostile, rendendo le presidenziali del 2016 una competizione a dir poco interessante. I senatori Dean Heller, del Nevada, e Ben Sasse, del Nebraska, hanno già detto, ad esempio, che non voteranno per lui a novembre, mentre i senatori Kelly Ayotte, del New Hampshire, e Rob Portman, dell’Ohio, hanno chiarito che, pur votando per il candidato che esprimerà il partito, non lo appoggeranno.

Sembra quindi che tutti si siano ormai rassegnati all’idea di avere Trump come portabandiera dei repubblicani, non essendo riusciti a fermarlo con altri sfidanti. Intanto, il comitato elettorale della probabile sfidante, l’ex Segretario di stato Hillary Clinton, ha diffuso un video in cui si vedono vari esponenti conservatori, dai dirigenti di partito ai commentatori politici, dire il peggio possibile del magnate newyorkese, precisando che non gli daranno il loro voto. Un sondaggio della Cnn, appena diffuso, fa poi un pronostico sulla sfida Clinton-Trump, sempre più vicina, e mostra come l’ex first lady prevarrebbe su “The Donald” col 54 per cento dei voti sul 41 dello sfidante. Ma è presto per parlare di exit pool: la strada verso le urne è ancora lunga.

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