Facebook, arrestato in Brasile il numero 2: non ha rivelato dati WhatsApp a polizia

Facebook, arrestato in Brasile il numero 2: non ha rivelato dati WhatsApp a polizia
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Martedì 1 Marzo 2016, 17:10 - Ultimo aggiornamento: 2 Marzo, 14:45

Il vice-presidente di Facebook per l'America Latina è stato arrestato in Brasile: si è rifiutato di collaborare nell'ambito di un'inchiesta sul traffico di droga nello stato di Sergipe, nella parte nordorientale della nazione.

Stando a quanto riferito oggi dalla polizia locale in un comunicato, Diego Dzodan (un argentino) è stato arrestato a San Paolo per un interrogatorio dopo essersi rifiutato di rispettare un ordine giudiziario che lo obbligava a rivelare informazioni relative al caso e trasmesse via Facebook.

Un giudice brasiliano lo scorso dicembre aveva anche bloccato temporaneamente WhatsApp, la celebre applicazione di messaggistica istantanea controllata dal social network, perchè si era rifiutata di condividere informazioni con le autorità in merito a un altro caso di criminalità.


«Siamo amareggiati. Si tratta di una decisione estrema e non proporzionata». Così un portavoce di Facebook commenta, parlando con il sito tecnologico Gizmodo, l'arresto, in Brasile, del numero due del social network in America Latina. «Siamo sempre stati disponibili e continueremo ad esserlo a collaborare con le autorità», ha aggiunto.

«Siamo molto delusi del fatto che l'applicazione della legge sia arrivata a questo punto estremo. WhatsApp non può fornire informazioni che non ha. Abbiamo collaborato al massimo delle nostre capacità in questo caso e se da una parte rispettiamo il lavoro importante delle forze dell'ordine, dall'altra siamo fortemente in disaccordo con la loro decisione». Questa la posizione ufficiale di WhatsApp sull'arresto del numero due di Facebook per l'America Latina.

«Non siamo in grado di fornire informazioni che non abbiamo, la polizia ha arrestato qualcuno su dati che non esistono. Inoltre, WhatsApp e Facebook funzionano in modo indipendente, quindi la decisione di arrestare un dipendente di un'altra società è un passo estremo e ingiustificato», aggiunge il portavoce di WhatsApp.

«Non possiamo commentare questa indagine specifica, se non per dire che abbiamo collaborato per quanto abbiamo potuto vista l'architettura del nostro servizio - sottolinea la società - WhatsApp non memorizza i messaggi delle persone. Li trattiene fino a che non vengono consegnati, dopo esistono solo sui dispositivi degli utenti. Inoltre - conclude - abbiamo messo in atto un forte sistema di crittografia 'end-to-end', che significa che i messaggi delle persone vengono protetti dai criminali online. Nessuno, nè WhatsApp o chiunque altro può intercettare o compromettere i messaggi degli utenti». 

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