Berlino, pistola di Amri la stessa che uccise l'autista del camion della strage

Berlino, pistola di Amri la stessa che uccise l'autista del camion della strage
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Mercoledì 4 Gennaio 2017, 11:12 - Ultimo aggiornamento: 18:58

L'arma che uccise l'autista del camion della strage di Berlino risulta la stessa con cui Anis Amri, il terrorista che ha trovato la morte nel Milanese durante un conflitto a fuoco con la polizia, ferì il poliziotto a Sesto San Giovanni: lo conferma la perizia svolta dalla Polizia scientifica. La comparazione sui bossoli ha permesso di accertare che erano stati esplosi dalla stessa arma. 
 
Il proiettile estratto dalla spalla dell'agente italiano ferito non è, invece, utile per il confronto perché troppo danneggiato. Il lavoro degli esperti di balistica del Servizio Polizia Scientifica prosegue, dando seguito alla delega della Dda di Milano ed in stretta sinergia con gli investigatori della Digos del capoluogo lombardo, per appurare se l'arma sia stata utilizzata in altri episodi criminali, in Italia o altrove. Dell'esito degli accertamenti sono stati informati gli organi investigativi tedeschi con cui vi è piena collaborazione.

Intanto non ci sono solo telecamere e telefonini tra le questioni nodali delle indagini su Anis Amri. Anche i soldi che l'uomo aveva con sé rappresentano una importante pista investigativa. Il tunisino infatti non aveva in tasca solo un centinaio di euro, come si era appreso in un primo momento, ma oltre mille. Contanti che, al vaglio dell'antiterrorismo, ora potrebbero rivelare molte cose. I soldi, infatti, erano in tagli da 50 e 20 euro, e si presume che siano stati prelevati da uno sportello Bancomat, dallo stesso Amri o da qualcuno per lui. Una questione importantissima, perché le banconote, come i cellulari, lasciano una traccia.

Secondo quanto si è appreso, nello zainetto, oltre alla tessera sim (una scheda promozionale olandese, di quelle
prepagate già con un po' di traffico dentro, mai utilizzata) e a un coltello di marca americana, piuttosto costoso, aveva oltre mille euro. Banconote nuove o quasi, tutte di tagli compatibili con quelle emesse dai Bancomat, mentre non c'era alcuna carta di prelevamento. Gli investigatori si sono dunque attivati per risalire all'identificazione del luogo di emissione della cartamoneta, tenuto conto che la zecca di Stato, quando stampa i soldi cartacei, li fa circolare in "pacchetti" di cui registra i numeri seriali. Dai numeri, quindi, attraverso un laborioso lavoro di archivio - si pensi a quanti pacchetti girino in Italia, provenienti da istituti poligrafici diversi - si potrebbe arrivare anche all'istituto che ha ricevuto quel pacchetto, e da lì alla filiale e, con un po' di fortuna, se non a chi ha prelevato, al giorno del ritiro. E magari allo sportello. Sportelli che in genere sono vigilati da impianti di videosorveglianza a circuito chiuso (nel caso, però, bisognerebbe vedere per quanti giorni sarà stata archiviata l'immagine nei server prima della sua distruzione). Amri potrebbe averli prelevati di persona, con un bancomat suo o di altri. O potrebbe averli ricevuti in contanti, e nel caso, da chi? Un fiancheggiatore? Una persona all'oscuro di tutto?

Nei giorni scorsi questore di Milano e Viminale hanno escluso una rete di Amri nel Milanese, nonostante la coincidenza del luogo di partenza del camion usato per la strage e del luogo in cui - non senza molte indecisioni - il terrorista ha scelto di andare durante la fuga, poi interrotta dagli agenti. Ma le indagini in Italia sono comunque state definite «importanti» dal ministro dell'Interno, Marco Minniti, mentre il livello di attenzione degli apparati di sicurezza resta altissimo con il Casa (Comitato di Analisi Strategico Antiterrorismo) riunito permanentemente.

Nessuno, al momento, ha ancora reclamato la salma di Anis Amri, il giovane tunisino ritenuto il killer della strage di Berlino, ucciso in un conflitto a fuoco con una pattuglia della polizia la notte del 23 dicembre scorso a Sesto San Giovanni. A distanza di quasi due settimane dalla morte del terrorista nessuno, neanche un familiare del giovane, ha reclamato la salma, che è ancora a disposizione dell'autorità giudiziaria di Monza, titolare dell'indagine sulla sparatoria i cui accertamenti non sono ancora conclusi.   

Da quanto si apprende la Procura monzese, guidata dal procuratore capo Luisa Zanetti, dopo aver disposto l'autopsia che ha confermato che Amri è stato colpito da due proiettili, uno alla testa e uno al torace, l'ultimo dei quali mortale, è in attesa degli esiti degli esami tossicologici per chiarire se il terrorista abbia o meno fatto uso di droghe e di che tipo.     Per ora, dunque, il corpo del giovane resta a disposizione degli inquirenti e nessuno lo reclama per la sepoltura.

Del resto «io l'ho rinnegato e così tutta la famiglia», aveva detto la madre di Amri intervistata nei giorni scorsi. La donna aveva comunque aggiunto di essere certa che Anis Amri non vesse agito per sua volontà ma «spinto da qualcuno». 

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