Approvato alla velocità della luce poco più di una settimana dopo la strage terroristica ad aeroporto e metro, il progetto di legge - che deve però ancora ottenere l'avvallo del Parlamento federale - prevede che ogni «nuovo arrivato» in Belgio da fuori Ue che abbia l'intenzione di stabilirvisi, debba entro 30 giorni sottoscrivere una sorta di 'contrattò con lo Stato sul rispetto di valori e regole, e di impegno a imparare una delle tre lingue del Paese, a trovare un lavoro e a pagare le tasse. Rispetto della libertà di opinione, culto, associazione e orientamento sessuale, ma anche l'uguaglianza tra uomini e donne, gli obblighi nei confronti dei figli, oltre alla lotta al terrorismo sono i valori chiave menzionati nella lettera. In particolare, su questo ultimo punto, si chiede ai nuovi arrivati di «fare ovviamente tutto il possibile per prevenire e notificare alla polizia» qualsiasi tentativo di attentare alla vita altrui. Sarà l'Ufficio degli stranieri a verificare la firma e, con modalità ancora da definire, il rispetto di quanto sottoscritto. Altrimenti la persona si vedrà bloccare la procedura d'immigrazione.
L'obbligo di firmare questa lettera si applicherà solo ai ricongiungimenti familiari e ai migranti economici, non agli studenti nè ai richiedenti asilo in quanto sarebbe contrario alla Convenzione di Ginevra.
Intanto le tensioni sociali a Bruxelles salgono, e dopo il divieto arrivato da polizia e sindaci alla manifestazione anti-Islam a Molenbeek organizzata dagli estremisti francesi di Gènèration identitaire, è lo stesso movimento che ha chiesto ai propri simpatizzanti di astenersi accusando di «codardia» la decisione delle autorità. E lanciando un avvertimento: «La gioventù non potrà restare eternamente muta. Gènèration identitaire, a Molenbeek come altrove, non ha ancora finito con gli islamici». Sintomo della situazione difficile che vive Bruxelles in questi giorni, anche il risultato di un sondaggio: da dopo gli attentati 3 persone su 10 evitano i luoghi pubblici, un dato che sale a 1 su 2 per gli intervistati di fede musulmana non solo per la paura di nuovi attentati ma anche per il rischio di aggressioni xenofobe.
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