Thailandia, scontri nella Capitale e in provincia: tre morti tra cui due bambini

Manifestanti in Thailandia
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Domenica 23 Febbraio 2014, 13:17 - Ultimo aggiornamento: 24 Febbraio, 12:17
Due attentati in meno di 24 ore per seminare il panico tra la folla, con tre morti - tra cui due bambini - e una sessantina di feriti. La Thailandia ha visto oggi un'escalation di violenza che alza il livello di instabilità e incertezza nella crisi politica in corso da quattro mesi, in un clima sempre più di divisione e odio che rende sempre più difficile un negoziato tra i due blocchi di potere rivali. Il centro di Bangkok è stato scosso oggi pomeriggio dall'esplosione di una granata di fronte al popolare centro commerciale Central World, a un centinaio di metri da uno degli accampamenti della protesta anti-governativa. L'ordigno, scoppiato tra le bancarelle di souvenir dei manifestanti, ha causato la morte di un bambino di quattro anni (inizialmente indicato come dodicenne) e di una donna, oltre al ferimento di almeno altre 22 persone.



Ieri sera, uomini armati a bordo di due pick-up hanno invece aperto il fuoco e lanciato ordigni in un mercato locale nella provincia orientale di Trat, dove una piccola folla era riunita per ascoltare il comizio di un leader locale affiliato alla protesta. Una bambina di cinque anni seduta a un vicino ristorante di strada è stata colpita a morte, e un'altra è in coma; altre 34 persone sono rimaste ferite.



I due attacchi portano a 19 morti e quasi 800 feriti il bilancio delle violenze da fine novembre. Ma se nei primi episodi di violenza le vittime erano spesso attivisti protagonisti di scontri, nelle ultime settimane gli attacchi hanno colpito moltissimi innocenti, in diversi casi neanche partecipanti alle manifestazioni. Ora il coinvolgimento di bambini sembra aver scosso il Paese; in serata, la premier Yingluck Shinawatra ha condannato gli attentati definendoli «atti terroristici».



Il problema è che ogni episodio di violenza finisce nel calderone delle strumentalizzazioni, alimentando le accuse reciproche. Per il movimento di protesta guidato dall'ex vicepremier Suthep Thaugsuban, ogni morte è responsabilità di un governo malvagio, corrotto, populista e che ha perso ogni legittimità. I sostenitori di Yingluck, tra cui le «camicie rosse» del popoloso nord-est rurale che formano lo zoccolo duro dell'elettorato fedele all'ex premier Thaksin Shinawatra (fratello di Yingluck), intravedono invece giochi sporchi per creare instabilità e provocare un intervento delle forze armate, o comunque un colpo di mano dell'elite. Estremisti di entrambe le fazioni dipingono sempre più i rivali come nemici subumani che meritano la morte.



Oltre a confermare l'esasperazione delle fazioni rivali, secondo molti analisti l'accresciuta frequenza degli attacchi rappresenta un segnale che fa temere per una conclusione violenta della crisi.
L'assenza di negoziati tra due posizioni incompatibili - con Yingluck che chiede il rispetto del suo mandato popolare e Suthep che vuole rimpiazzarla con un «Consiglio del popolo» nominato dall'alto - non lascia intravedere margini di manovra. La premier appare scivolare sempre più in una morsa, con la protesta di piazza da una parte e l'establishment tradizionale a lei ostile dall'altra. Se però dovesse cadere, a quel punto sarebbero i «rossi» a sentirsi legittimati a protestare, e il ciclo di violenze ricomincerebbe.
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