L'asse Parigi-Berlino/ Quale posto per l’Italia nel nuovo cuore europeo

di Giulio Sapelli
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Martedì 16 Maggio 2017, 00:05
Il cuore dell’Europa è franco-tedesco perché è carolingio l’impero da cui sorsero gli Stati nazionali europei, con forza sempre più impetuosa a partire dalla disfatta del sogno napoleonico di ridurre l’Europa alla sola Francia. Un sogno che non per caso si è poi trasformato nell’incubo delle due grandi guerre mondiali, quale effetto della dissoluzione degli imperi e dell’avvento degli Stati-nazione.

L’Unione Europea, quale che sia la posizione culturale che assumiamo nei suoi confronti, altro non è che un inedito tentativo di ricostruire un’idea sovranazionale che non riproduca il disegno di un impero, ma neppure ricostituisca intatto il potere delle singole nazioni. È un accordo funzionale diretto da una ragione economica più che culturale e spirituale.

Per questo tutto si tiene sulla rete di relazioni geopolitiche franco-tedesche. Sono queste relazioni che sul fronte francese pongono in relazione l’Europa continentale con l’Europa meridionale e che, sul fronte tedesco, da un lato pongono in relazione la stessa Europa continentale con il fronte roccioso e impervio degli Stati balcanici e dall’altro lato con la grande Russia.

La Francia e la Germania sono il sistema arterioso dell’Europa, un sistema che funziona a pieno ritmo assicurando la tenuta storica delle periferie solo se queste ultime confluiscono nel cuore franco-tedesco: se esso indebolisce il suo battito, tutto il sistema entra in crisi.

Macron è stato eletto presidente della Francia sull’onda di una inedita e impetuosa volontà di riscatto dello Stato francese, che ha eliminato dinanzi a lui tutti gli ostacoli che si frapponevano alla sua corsa. Non si è trattato solo di impedire alla Le Pen di vincere: è una spiegazione non storica, questa, ma solo sociologica e che non riflette abbastanza sulla lunga durata.

«La France qui tombe» deve risollevarsi, e per farlo l’alta nomenclatura francese ha scelto un uomo e gli ha affidato il compito di vincere contro coloro che volevano relegare il Paese a un ruolo marginale nell’Europa e nel mondo. Certamente Macron sarà tanto più forte e autorevole quanto più vincerà e secondo come vincerà le elezioni politiche prossime. Ma si tratta di una sfumatura. Conta il suo messaggio: far risorgere la Francia con audacia, ottimismo, orgoglio nazionale in un’Europa altrettanto forte.

Dunque, l’obiettivo francese è mettere al momento da parte le polemiche con la Germania e le sue inguaribili mire egemoniche. Ci sarà tempo dopo, per le polemiche. Ora bisogna ridare stabilità all’Europa tutta intera. Bisogna impedire nuove guerre balcaniche e superare terribili tensioni in Serbia, in Montenegro, in Macedonia, costringendo la Russia a pensare euroasiaticamente cooperando e non confliggendo con l’Unione Europea. Bisogna rassicurare i lituani e tutti i baltici e tutta la Polonia che solo una forte unione con la Germania e la Russia, insieme in una nuova Europa, potrà impedire nuovi conflitti del tipo di quelli insorti con una Ungheria pericolosamente proclive a un ritorno autoritario.

Ma il segreto, allora, è rimettere in moto la circolazione equilibrata delle diastole e delle sistole. Ma il cuore europeo non può funzionare se l’Europa del Sud non riacquista un ruolo forte e potente di bilanciamento dello squilibrio teutonico. Così come era nell’impero carolingio, il Mediterraneo non solo deve far incontrare Carlo Magno e Maometto, ma deve riequilibrare il sistema degli stati che convivono con una Unione che non riesce a essere impero, ma che può migliorare gli equilibri di potenza fra Stati con il ritorno in grande stile dell’Italia a un ruolo trasformatore e innovatore sia della politica economica sia della cultura profonda dell’Europa intera. Come? Attraverso un accordo e non un rapporto tra dominante e dominato tra Francia e Italia, riallacciando una relazione che da troppi anni attende di essere vivificata su un piano di parità e di vera cooperazione economica e culturale.

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