Afghanistan, ex soldatesse missionarie dello zafferano: agricoltori convinti ad abbandonare il papavero da oppio

Afghanistan, ex soldatesse missionarie dello zafferano: agricoltori convinti ad abbandonare il papavero da oppio
di Anna Guaita
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Venerdì 10 Febbraio 2017, 20:09 - Ultimo aggiornamento: 12 Febbraio, 00:11
NEW YORK – Il 90 per cento del papavero da oppio è coltivato in Afghanistan. Dall’Onu al Pentagono, tutti hanno provato a sradicare questa coltivazione, senza riuscirci, anzi inimicandosi vieppiù la popolazione. Ma ora si è aperto uno spiraglio, realistico e incoraggiante: invece che coltivare oppio, gli agricoltori afghani stanno scoprendo che coltivare zafferano è un investimento molto più tranquillo e redditizio, e difatti chi ha cominciato a farlo ci guadagna molto di più di quel che prenderebbe dai talebani con il papavero. L’iniziativa è stata lanciata da due ex soldatesse di Chicago, Emily Miller e Kimberly Jung, che sono state al fronte in Afghanistan e hanno visto l’inutilità degli sforzi contro il papavero.

Le due giovani hanno imparato a rispettare la cultura e la gente afghana, e quando hanno scoperto che nel confinante Iran la produzione dello zafferano è ricca e fiorente, hanno aperto un’azienda che aiuta gli agricoltori locali ad adottare la nuova coltivazione, ne compra i prodotti e li vende nel resto del mondo.


Dopo il servizio militare, Emily e Kimberly si sono tutte e due laureate in economia a Harvard, prima di tuffarsi nella eroica e generosa avventura. La loro azienda – spiegano infatti -  è «un vero business», cioè non è un’opera di beneficenza, e tuttavia è registrata come una “public benefit company”, cioè è anche un’impresa che dichiara di non agire solo nell’interesse dei propri azionisti, ma in quelli della comunità in cui opera. Le due ex soldatesse insistono che uno scopo centrale della loro impresa è quella di «contribuire a portare la pace»: «Quando eravamo in Afghanistan come soldati, abbiamo capito che per portare la pace in quel Paese bisogna dare alla gente lavoro e dignità» spiegano.

Lo zafferano è oggi soprannominato “l’oro rosso” per il suo costo elevatissimo. Tuttavia ne basta pochissimo per fare un eccellente risotto alla milanese o una saporita paella. Per di più, lo zafferano prodotto in Afghanistan è catalogato “purissimo” secondo l’Iso, l’organizzazione mondiale per la definizione delle norme tecniche (l’Iso ha una commissione dedicata interamente alla valutazione delle spezie culinarie).  

Purtroppo ogni fiore della pianta del crocus offre appena tre stimmi, rosso intenso e sottilissimi, e ci vogliono 150 mila fiori per produrre un chilo di zafferano. Il lavoro è paziente e lungo, ma l’azienda delle due giovani è cresciuta velocemente, da quando l’hanno aperta nel 2014. Il primo anno avevano solo 11 agricoltori oggi ne hanno più di cento, e ognuno di loro guadagna sette volte quel che guadagnava prima di scoprire lo zafferano.

 
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