Quel volo della Korean Air Lines, scambiato per aereo spia, abbattuto dai russi: morirono 269 persone

Quel volo della Korean Air Lines, scambiato per aereo spia, abbattuto dai russi: morirono 269 persone
di Federica Macagnone
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Giovedì 17 Luglio 2014, 19:39 - Ultimo aggiornamento: 19:59
Era la notte tra il 31 agosto e il 1 settembre 1983 quando un Boeing della Korean Air Lines veniva abbattuto con 269 persone a bordo.

Il volo partito da New York e diretto a Seoul alle 3.26 venne colpito da caccia sovietici mentre sorvolava lo spazio aereo dell'Urss precipitando nell'oceano.



I 240 passeggeri e i 29 membri dell'equipaggio, tutti civili, non furono vittime di un errore bellico: l'aviazione di Mosca, infatti, aveva dato il via all'azione convinta che il Boeing 747 fosse un aereo spia, aprendo una delle più difficili crisi internazionali dell'era del segretario comunista Jurij Andropov.



Gli Stati Uniti puntarono il dito su Mosca: veniva compromesso il tanto sudato dialogo tra Washington e il Cremlino. Ci vollero sei giorni prima che la Tass, l'agenzia di stampa ufficiale russa, ammettesse in un comunicato l'abbattimento, facendo precipitare i rapporti tra le due superpotenze in un clima da anni '50.



Il Boeing era decollato dall'aeroporto di New York nella notte del 31 agosto. L' ultimo contatto era stato stabilito quando il volo era a otto chilometri a est dall'isola giapponese di Hokkaido. Le prime notizie avevano dato l'aereo disperso: un laconico comunicato di poche righe in cui si ipotizzava un'avaria. Alle 7 del mattino la beffa: la Kal, la compagnia di bandiera sudcoreana, precisava, infatti, che l'aereo era atterrato sull'isola di Sakhalin. Una speranza durata poche decine di minuti quando dalle autorità sovietiche arrivava la notizia che nessun volo si era posato sul territorio russo.



Per scoprire la verità furono necessarie intercettazioni da parte di Usa e Giappone che misero all'angolo Mosca costretta ad ammettere l'accaduto. Gli avvenimenti di quella notte furono resi noti con esattezza mercoledì 7 settembre al Consiglio di sicurezza dell'Onu: l'ambasciatrice statunitense Jeane Kirkpatrick si presentò in aula con le conversazioni tra i piloti dei caccia sovietici e le loro basi a terra. L'ordine era chiaro: «Mirate e fate fuoco». Il 9 settembre il capo di Stato maggiore, il maresciallo Nicolai Ogarkov, in conferenza stampa, chiarì la posizione del Cremlino: secondo Mosca il volo si trovava in missione spionistica speciale per conto della Cia. I piloti dei caccia avevano solo eseguito gli ordini: abbattere l'aereo.