Veronica, quella vita tormentata tra tentati suicidi e fughe da casa

Veronica, quella vita tormentata tra tentati suicidi e fughe da casa
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Martedì 9 Dicembre 2014, 05:53 - Ultimo aggiornamento: 09:15
dal nostro inviato

Nino Cirillo

SANTA CROCE CAMERINA (Ragusa) - Troppe vite in una vita sola: la bambina che si scopre figlia di un altro padre, l'adolescente introversa che mette in scena due scombiccherati tentativi di suicidio solo perché qualcuno si accorga di lei, la giovane mamma sola, con un marito camionista che sta lontano da casa più di un marinaio.

E un paese che non è il suo - perché ha sempre vissuto fra Grammichele e Modica - che come un'estranea l'ha accolta e così ha continuato a trattarla. Un fantasma quasi, da casa a scuola, da scuola a casa, un po' di spesa al negozietto di alimentari e una montagna di chiacchiere da sopportare, ogni giorno più insistenti, ogni giorno più velenose. E alla fine il fermo dopo sei ore di interrogatorio.



LE SUE VERITÀ

Questa è stata l'esistenza di Veronica Panarello fino alle 8.32 di sabato 29 novembre. Fino a quando la sua Polo nera non esce dal cortile e comincia il mistero, il mistero dell'omicidio di Loris. La vedranno presentarsi di nuovo a scuola all'ora dell'uscita - bella, perché Veronica è bella - e all'apparenza disperata, che riesce ancora una volta a stupire anche i paesani piu occhiuti: aspetta che escano solo un paio di classi e poi non entra a cercarlo, magari aula per aula. Va direttamente dai vigili urbani a dare l'allarme: «Mio figlio è scomparso». Le addosserrano anche questa colpa, le sbatteranno in faccia centinaia di filmati che dicono il contrario e lei non crollerà: «Io Loris l'ho accompagnato a scuola.



Chiedetelo alla vigilessa». La vigilessa non confermerà, ma intanto Veronica torna a casa. Le telecamere delle tv la riprenderanno sconvolta mentre viene portata al canale a riconoscere il corpo del figlio, la soprenderanno fuori di sé mentre dal balcone grida ai giornalisti: «Basta, andate via. Sono innocente». Racconteranno i familiari che per una settimana non ha praticamente toccato cibo, fino a quando ieri sera, non l'hanno portata in Procura. Le cuciranno addosso, più o meno della sua misura, anche il vestito di una specie di strega delle fascette elettriche. Perché con una fascetta elettrica sarebbe stato strangolato Loris, perché con un altra fascetta gli sarebbero stati legati i polsi, perché piena di fascette elettriche le hanno trovato la casa, per fissare la culla del piccolo Diego, per tener fermo un orsacchiotto su un mobile, per appendere gli utensili in cucina. E soprattuto perché di queste fascette lei si preoccupa quando lunedì pomeriggio vanno a trovarla due maestre della scuola. «Loris le teneva perché gli sarebbero servite per i compiti di scienze...». Le maestre sgranano gli occhi, quelle fascette non le avevano mai chieste ai bambini, ma lei insiste: «Davide valle a prendere, ve le riconsegno».



FASCETTE OVUNQUE

Di fascetta in fascetta, però, alla fine si è esagerato. Perché quando nelle campagne di Modica, a quattrodici anni, Veronica tentò, o fece finta di tentare, il suo secondo suicidio - due anni prima aveva bevuto un po' di candeggina - non prese nessuna fascetta, come qualche romanziere ha sostenuto, ma un manicotto di quelli che si usano per irrigare i vasi grandi nei campi. Salì su un secchio, il manicotto appeso a una trave si spezzò e Veronica fu salva. Deve averne passate. Deve esserle crollato il mondo addosso quando riuscì a rintracciare il padre vero e subito entrò in rotta di collisione anche con lui. Aveva 16 anni,se ne andò di casa, ma stava per fidanzarsi finalmente con Davide, il ragazzetto smunto conosciuto un paio d'anni prima. Sembrava la fine delle sue pene, di quell'andare e venire da una famiglia all'altra, stavolta ne avrebbe avuta una sua. Invece così non è stato: altre crisi, altre sbandate, nonostante i due figli. E Davide che ogni volta andava a riprenderla, a perdonarla senza neanche una sgridata.