L’INIZIO DELLA LEGGENDA
La spiaggia, eternata durante un temporale, è vicina all’Aja; Van Gogh la dipinge ovviamente dal vero, con il cavalletto posto a pochi metri d’altezza sul pelo dell’acqua, sul litorale, circa 30 metri dalla riva. Siamo agli inizi di un’avventura: basterà appena un decennio per trasformare un bozzettista incerto in un maestro assoluto dell’arte; un feticcio idolatrato in tutto il mondo. Proprio nel 1882, scrive al fratello Theo, con cui avrà uno scambio epistolare intenso quanto pochi altri: «Sento in me una tal forza creativa, che sono sicuro verrà il giorno in cui sarò in grado di produrre regolarmente ogni giorno cose buone». I colori sono ancora quelli abbastanza scuri e cupi del primo periodo dell’artista; e non quegli accesi da cui deriverà la fama imperitura; del resto, proprio nel 1883 Theo gli ha fornito i mezzi per comperarsi i materiali.
«LA POTENZA DEL COLORE»
Ma già in quell’anno, Van Gogh già provava il «risvegliarsi in me una potenza del colore più forte e diversa da quella posseduta finora»; è ancora in piena ricerca: «Vivo come un ignorante, che sa con certezza una cosa sola: in pochi anni devo assolutamente terminare un determinato lavoro». Le figurine dei due quadri sono ancora esili e poco definite: poco, rispetto ai folgoranti ritratti del tempo successivo. Insomma, assolutamente due passi dei suoi esordi: nella pur enorme mostra per il secolo dalla morte, non furono nemmeno esposti: c’era ben altro. Però sono molto importanti: ne delineano l’«incipit». Sono quadri facili da portare via (e trasportare anche in Italia): 41 cm per 32 la Chiesetta, 34 per 51 la Marina. Non esistono paragoni, ma per qualcuno il loro valore è di un centinaio di milioni di euro. Però, per la storia dell’arte, e anche per ciascuno di noi, il prezzo è inestimabile: sono tra i primi aneliti di un maestro dei maggiori in ogni tempo.
© RIPRODUZIONE RISERVATA