Nuovi bus, sconti fiscali: il governo prova a far muovere le città

Nuovi bus, sconti fiscali: il governo prova a far muovere le città
di Luca Cifoni e Umberto Mancini
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Lunedì 24 Luglio 2017, 00:00 - Ultimo aggiornamento: 25 Luglio, 15:37

Nuovi bus e treni, tutela dell’utente e lotta all’evasione tariffaria, una diversa distribuzione delle risorse tra le Regioni per premiare l’efficienza, incentivi fiscali per l’uso dei mezzi pubblici che potrebbero prendere anche la forma del “buono Tpl”, sul modello del buono pasto. Gli obiettivi della riforma a cui sta lavorando il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti sono ambiziosi almeno quanto è problematica la situazione del trasporto pubblico locale nelle città italiane.

Nello scenario attuale l’automobile privata la fa assolutamente da padrone: sul complesso degli spostamenti nel nostro Paese il 65,3 per cento avvengono in macchina, il 17,1 a piedi e solo il 6,6 per cento con autobus, tram, metropolitana o treno. Uno studio della Fondazione Caracciolo ha provato a quantificare il costo di questa situazione, mettendo nel conto le spese legate al possesso dell’automobile, il tempo perso nel traffico, i costi dell’inquinamento e degli incidenti. Il totale è di 4.700 euro l’anno a famiglia.

LOTTA ALL’EVASIONE
Naturalmente una situazione del genere può essere affrontata solo con un insieme di azioni, nell’arco di un numero ragionevole di anni. Il ministero guidato da Graziano Delrio si sta muovendo con interventi legislativi diversi. La revisione generale del trasporto pubblico era prevista in uno dei decreti delegati della riforma Madia della pubblica amministrazione, sospesa dalla Corte costituzionale per la mancata condivisione con le Regioni. I contenuti sono quindi stati portati avanti con altre norme legislative e regolamentari.

Alcune novità sono entrate nell’ultima legge di Bilancio e nella più recente “manovrina”. Ad esempio per quanto riguarda la lotta all’evasione è stata prevista una sanzione pari a 60 volte il valore del biglietto ordinario (entro un tetto massimo di 200 euro) per chi viene trovato senza titolo di viaggio. Dal punto di vista delle garanzie per l’utente il diritto al rimborso scatta in caso di cancellazione o di ritardo superiore a 60 minuti (30 per i servizi urbani). Per chi ha l’abbonamento, il rimborso è pari alla quota giornaliera del suo costo totale.

LE GARE
Per favorire le gare - e quindi per questa via l’efficienza del servizio - nella manovrina e poi nel più recente “decreto Mezzogiorno” viene integrata la cosiddetta “clausola sociale”, che prevede il trasferimento del personale dipendente (salvo i dirigenti) dal gestore uscente al subentrante con il mantenimento dei diritti acquisiti su retribuzione, orario e norme disciplinari.

Uno dei punti chiave del piano è però il rinnovo dei mezzi. Il parco bus ad esempio ha un’età media di 11,4 anni, contro una media di 8,3 nei cinque principali Paesi europei. Ci sono ancora in circolazione autobus pre-euro 0 o euro 0. L’obiettivo fissato dal governo è assicurare dal 2019 al 2033 tra 1.500 e 2.000 mezzi l’anno: con un rinnovo quindi di 35 mila bus a fine periodo. La spesa prevista a carico di fondi nazionali ed europei è di 4,5 miliardi, che diventeranno 7 grazie ad ulteriori risorse degli enti locali e delle imprese del settore. È già in corso una maxi-gara della Consip per un importo di 650 milioni, che riguarda 1.600 mezzi.

LA LEGGE DI BILANCIO
Un altro versante decisivo è quello della spinta ai cittadini a preferire il mezzo pubblico. La disponibilità in questo senso aumenterebbe naturalmente da sola in presenza di un servizio migliore e di mezzi più confortevoli. Ma in vista della prossima legge di Bilancio il Mit tornerà a muoversi sul fronte delle agevolazioni fiscali. La detrazione Irpef per gli abbonamenti è stata in vigore per poco tempo ed è stata cancellata alcuni anni fa. I costi in termini di mancato gettito sono rilevanti. In alternativa a questo strumento o accanto ad esso viene preso in considerazione un “buono” del tutto simile agli attuali ticket per i pasti riconosciuti dai datori di lavoro: le somme rimborsate o sostenute da quest’ultimo per l’acquisto dei titoli di viaggio del dipendente e dei familiari non concorrerebbero a formare reddito. A ottobre si potrà iniziare a capire in che misura questi obiettivi potranno trasformarsi in realtà.

 

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