Terrorismo, pistole a microonde per fermare i jihadisti

Terrorismo, pistole a microonde per fermare i jihadisti
di Sara Menafra
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Lunedì 21 Agosto 2017, 08:05
Tecnologie e investimenti, a volte anche costosi. Se le tecniche di attacco da parte di terroristi più o meno organizzati sembrano cambiare continuamente (e del resto è questo il senso della fatwa di Abu Mus'ab al-Suri, il teorico della jihad permanente globale, colpire ovunque e con ogni mezzo) parallelamente viaggiano le tecnologie di controllo e protezione del territorio. La più innovativa, anche se usata per ora solo in alcuni stati americani, sembra essere la Rf Safe stop, brevettata dalla società americana E2v Technologies: è un dispositivo a microonde che usa fasci non letali di energia ad alta intensità analoghi a quelli dei forni da cucina. Puntati verso un veicolo ne bloccano i dispositivi elettronici e fermano immediatamente il mezzo. La tecnologia è in fase di test, negli ultimi due anni le pistole sono state ridotte sempre di più per renderle facilmente trasportabili, ma resta il problema che sui vecchi veicoli non elettronici la Rf Safe stop non ha potere. Alcuni mesi fa, l'azienda ha organizzato una dimostrazione in Gran Bretagna per le forze dell'ordine, ne parlò il Telegraph. Anche dopo gli attentati di Nizza, il governo francese l'aveva valutata anche se poi la municipalità ha optato per un investimento su un sistema di barriere stradali mobili.

BARRIERE
Anche in questo settore, la tecnologia è andata avanti. Le protezioni più rapide ed economiche restano quelle con blocchi «tipo new jersey». Alcune città come il capoluogo della Costa Azzurra, hanno investito in barriere a cilindri fissi o mobili. Il costo complessivo dell'investimento, per il solo lungomare di Nizza, è stato di 18 milioni di euro, ma nel settore esistono barriere di diversa altezza e resistenza e differente fascia di prezzo.

C'è poi il comparto, anche questo in costante crescita, di metal detector, rapid scanner e tecnologie per il riconoscimento facciale. Il punto debole dell'uso massivo di questi strumenti, come ha dimostrato la strage di Manchester, è che per quanto la zona di filtraggio possa essere avanzata, l'attentatore punta a colpire prima dei controlli. Le ultime tecnologie nel settore hanno consentito di creare un sistema di scanner a San Pietro, dove ogni domenica vengono controllati tutti coloro che entrano in piazza, e di velocizzare al massimo i controlli nei grandi aeroporti.

IL PNR
Spese ed investimenti, oggi, puntano sullo scambio di informazioni e profili. L'anno scorso, ma dopo una certa resistenza di alcuni paesi europei che contestavano la violazione della privacy, i paesi dell'Unione sisono impegnati a dare applicazione alla direttiva sullo scambio di dati aeroportuali, i cosiddetti Pnr che raccolgono per ogni passeggero informazioni personali piuttosto ampie. Non tutti i paesi l'hanno fatto davvero. In Italia, è stata costituita una «unità di informazione sui passeggeri» presso il Dipartimento di pubblica sicurezza. Ma l'analisi dei «big data» è sempre più diffusa come tecnica di intelligence e potrebbe essere utile anche nella raccolta di informazioni sui veicoli affittati.

L'EMERGENZA
«Il vero buco nero su cui ci dovrebbero essere ulteriori attenzioni ed investimenti - dice il deputato Andrea Manciulli, Pd, presidente della delegazione parlamentare pesso la Nato - oggi sono i documenti falsi». L'avanzamento della tecnologia ha aiutato e aiuta anche i falsari che oggi riescono a restare facilmente al passo delle modifiche di ultima generazione e produrre passaporti quasi perfetti: «Dovremmo preoccuparci di più di quello che accade nei Balcani. Qui, i gruppi integralisti possono contare sull'aiuto della criminalità organizzata nel cercare documenti ed armi da usare nelle loro azioni». Il problema è tutt'altro che semplice da risolvere: se è vero che la tecnologia si evolve, rinnovare il riconoscimento per milioni di cittadini è un'operazione lunga ed enormemente costosa.