Terrorismo, condannato a 6 anni il jihadista campione di kickboxing che voleva fare un attentato in Vaticano

Terrorismo, condannato a 6 anni il jihadista campione di kickboxing che voleva fare un attentato in Vaticano
di Claudia Guasco
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Mercoledì 22 Novembre 2017, 22:02 - Ultimo aggiornamento: 23 Novembre, 15:19
Sei anni di reclusione al campione di kickboxing dell’Isis che voleva fare esplodere una bomba in Vaticano. La corte d’assise d’appello di Milano ha confermato la condanna a sei anni di carcere per Abderrahim Moutaharrik, marocchino finito in carcere nell’aprile 2016 con l’accusa di terrorismo internazionale per presunti legami con l’Isis. Per sua moglie Salma Bencharki la pena è stata ridotta da cinque a tre anni e quattro mesi e ed è stata sospesa la revoca della potestà genitoriale sui due figli di due e quattro anni stabilità in primo grado. La lettura del verdetto ha scatenato la tensione: il marito di un’altra imputata, Wafa Koraichi (per lei sono stati confermati tre anni e quattro mesi), ha urlato e ha tentato di lanciarsi contro il sostituto pg Nunzia Ciaravolo, che era appena uscita dall’aula e sono intervenuti i carabinieri per bloccarlo. Mentre Wafa Koraichi piangeva ripetendo «non sono una terrorista», il marito urlava la sua indignazione: «Non è giusto, lavoro come cuoco, io pago le tasse».

IL POEMA BOMBA
Salma Bencharki, moglie di Moutaharrik, per ora resta in carcere come il marito, ma il difensore presenterà già domani un’istanza per la concessione dei domiciliari, vista la riduzione della pena in appello per le attenuanti generiche. Moutaharrik, 28 anni, e la moglie, che vivevano a Lecco, stando alle indagini della Digos vennero arrestati prima che potessero partire per unirsi all’Isis in Siria, portando con loro i due figli.

Ai primi di aprile di un anno fa, si legge nelle carte depositate, Moutaharrik ha ricevuto un ordine direttamente dal Califfato con un messaggio WhatsApp: «Ascolta lo Sceicco, colpisci! Fai esplodere la tua cintura nelle folle dicendo ‘Allah Akbar’». E alla richiesta di quella voce che, attraverso un «poema bomba», lo invitava a compiere un attentato in Italia, lui non avrebbe avuto intenzione di sottrarsi. Anzi, stando agli atti, Roma e il Vaticano erano tra i possibili obiettivi. «Giuro sarò io il primo ad attaccarli in questa Italia crociata, il primo ad attaccarla, giuro, giuro che l’attacco, nel Vaticano», diceva intercettato. Per Abderrahmane Khachia, anche lui marocchino, residente in provincia di Varese, fratello di Oussama (giovane morto “martire” in Siria) e arrestato insieme alla coppia - la pena è stata ridotta da sei a cinque anni e quattro mesi.

BUONI MUSULMANI
I due marocchini, come scrive il gup Alessandra Simion nelle motivazioni della sentenza di primo grado, erano «fortemente determinati» a porre in essere atti terroristici, «uccidendo gli occidentali». E’ emerso come gli imputati «avessero maturato un’intima e completa condivisione dei dettami jihadisti dello Stato islamico». Marito e moglie parlavano «ripetutamente delle ideologie jihadiste, ascoltandone musiche e inni alla presenza del figlio piccolo; più volte esprimono la volontà che i loro figli vivano e crescano nello Stato islamico, da ‘buoni musulmani’, secondo la visione radicale sostenuta dall’organizzazione terroristica».

Per il giudice «le conversazioni registrate non pongono dubbi in ordine alla caratura jihadista di Abdrrahim Moutaharrik e Khachia Abderrahmane, i cui propositi illeciti sono pienamente condivisi da Salma Bencharki che aderisce consciamente al progetto del marito di recarsi in Siria «a combattere e a uccidere gli infedeli».
In particolare, «sconcertante» è la telefonata del 22 marzo 2016, giorno degli attentati a Bruxelles: dal contenuto appare ormai chiaro che i coniugi, totalmente avversi al mondo occidentale, siamo intenzionati a partire al più presto. «Risulta difficile commentare la speranza manifestata dai due che una situazione analoga a Bruxelles si possa manifestare anche a Roma!», conclude il gup.
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