Terremoto, gli sfollati scortati nelle case distrutte: «Tornerò mai a vivere qui?»

Terremoto, gli sfollati scortati nelle case distrutte: «Tornerò mai a vivere qui?»
di Renato Pezzini
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Sabato 29 Ottobre 2016, 08:59

dal nostro inviato
CAMERINO Tutti in fila ad aspettare la chiamata dei vigili del fuoco. Adesso è la volta di Fabio, studente fuori sede. «Andiamo?». Il caschetto in testa, una valigia vuota in mano, Fabio dopo la notte del terremoto ritorna nella zona rossa. E rientra a casa. Pochi minuti, bisogna fare in fretta, c'è il pericolo di nuove scosse, e le crepe sui muri sono minacciose. Nella valigia finiscono vestiti presi a casaccio, il libro che sta sul comodino, il computer. Non si trova il portafogli. Ah, eccolo. Operazione Recupero conclusa. Avanti un altro.
Minuti di paura e di tensione. E anche qualche lacrima che scende. Nostalgie che affiorano. Ricordi vaghi: «Quando c'è stata la seconda scossa è mancata la luce, c'era un frastuono spaventoso, urla. Io pensavo solo a scappare, non certo a prendere le mie cose». Per questo adesso chiedono tutti di tornare, almeno per un po'. I vigili del fuoco hanno un elenco lunghissimo, li chiamano uno a uno. Appuntamento in via Roma, al limitare della zona rossa. Poi si entra nella città abbandonata, muta, spettrale. Ed è per tutti una visione orribile.

APPUNTAMENTI FITTI
L'Operazione Recupero va avanti da giovedì pomeriggio, durerà chissà fino a quando. Ed è un rito governato da marcantoni in divisa da pompiere, i movimenti calmi e sicuri, il sorriso tranquillizzante. Giulia è così riconoscente che alla fine chiede una foto con il suo «protettore» che l'ha appena guidata su per le scale di via Varano 20 e poi le ha portato la valigia giù in strada, così pesante che da sola non ce la poteva fare. La caricano su una jeep e la riportano nella piazza grande della città vecchia: «Buona fortuna, signorina».
Tutti quelli che abitavano nel centro hanno qualcosa da recuperare. E hanno anche la più umana delle curiosità da soddisfare: cos'è rimasto della casa, «della mia casa», dopo una scossa che sembrava l'annuncio dell'Apocalisse? Il prima era fatto di serate conviviali, di bambini da mettere a letto presto, di mattinate illuminate dalla vista delle colline. Il dopo è fatto di muri crepati, di calcinacci che hanno impolverato tutto, di piatti rotti, di un silenzio macabro. E di una domanda: «Tornerò mai a vivere qua dentro?».
Malgrado la consapevolezza del pericolo i vigili del fuoco ostentano sicurezza. Per uno che entra in una casa, un altro deve rimanere fuori a presidiare. L'altro ieri mentre stavano portando via una vecchietta imprigionata al terzo piano di un vecchio edificio lesionato c'è stata una scossa fortissima. Hanno finto che non fosse niente, l'hanno rassicurata: «Non si preoccupi, è tutto a posto». Ma raccontano di aver fatto quei tre piani col cuore in gola, giù per le scale strette e tremolanti, uno che la teneva in braccio, l'altro che faceva strada.

LE LACRIME
Adesso è il turno di tre brasiliani arrivati a settembre per un corso di italiano all'Istituto Alighieri. Alexandra Janiques cammina nervosa dietro i due pompieri che la scortano nei vicoletti coperti da tegole frantumate. Ecco la sua casa, bisogna salire al terzo piano attraverso scale sgarrupate. Vuole fare veloce, ha paura, ma quando la sua valigia è piena si ferma, spalanca la finestra e sta lì impalata a contemplare le montagne della Val Nerina. E piange. «Mi spiace, ma dobbiamo andare» le sussurra il vigile del fuoco. Federico Leal, da Belo Horizonte, rientra nella cucina del suo appartamento e trova i rimasugli degli attimi che hanno preceduto la fuga. Il pasticcio di riso ancora nei piatti, le bottiglie di vino infrante, i cassetti aperti, una trentina di euro su una poltrona. Giulia, sua coinquilina, non trova il passaporto, ma non vuole dannarsi l'anima a cercarlo, ha fretta di andare: «Sarà in qualche giacca, verrà fuori».Nel centro di Camerino abitavano soprattutto gli studenti. Che, dopo due notti di dormiveglia in macchina, si assiepano in via Roma in attesa della chiamata. Giambattista da Frosinone è impaziente: venerdì prossimo avrebbe dovuto discutere la tesi (Laurea in Farmacia), aveva prenotato il ristorante per festeggiare. Tutto saltato. Però la tesi è custodita nel computer, e il computer è in casa. Finalmente tocca a lui. Appartamento al primo piano, tutto sommato senza danni. Ci sono i soldi, c'è la catenina d'oro. C'è soprattutto il computer, intatto. «Ma vieni!». Almeno una buona notizia.

 
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