Il piano che manca/ Se ricostruire costa 5 volte più che prevenire

di Enzo Boschi
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Giovedì 25 Agosto 2016, 00:20
Ancora una volta una scossa di terremoto si è verificata in una zona sismica ben nota e ben identificata del territorio nazionale. Ancora una volta assistiamo a lutti e a devastazioni per un sisma che in termini di energia liberata è internazionalmente considerato di media entità.
Le tecnologie moderne consentono di costruire edifici in grado di sostenere le sollecitazioni sismiche. Molte di queste tecnologie sono state sviluppate da noi ma da noi applicate al più nelle zone colpite, cioè dopo che il terremoto si era verificato. In altri Paesi sismici si sono intrapresi da anni grandi progetti di prevenzione che hanno ridotto drasticamente il rischio. Progetti costosi che hanno però sviluppato l’edilizia, l’occupazione e, in ultima analisi, l’economia. Sono progetti a lunga scadenza decennali o ventennali sviluppati con costanza e con alto senso organizzativo.
 
Sono costosi ma si valuta che il costo della ricostruzione, a terremoto avvenuto, sia almeno cinque volte superiore a quello della prevenzione. Senza citare che il numero delle vittime e dei feriti verrebbe praticamente azzerato, azzerando così il terribile e non quantificabile “prezzo sociale” di queste catastrofi.
In Italia la prevenzione, sempre citata e invocata dopo le tragedie, non è mai cominciata in maniera incisiva e determinata. Sono da citare in senso positivo gli ecobonus introdotti negli ultimi anni dalla Commissione Ambiente della Camera. Un’iniziativa che andrebbe fortemente rilanciata e potenziata.
Molti italiani possiedono la casa dove abitano. Quelli che se lo possono permettere dovrebbero ulteriormente investire su di essa verificandone frequentemente la stabilità ed eventualmente intervenendo. Lo Stato dovrebbe favorire queste iniziative con incentivi fiscali e quando necessario con interventi a fondo perduto seguendo appunto la filosofia introdotta.
Il problema si presenta in maniera serissima anche per edifici pubblici, per strade, viadotti e ferrovie. L’esempio più drammatico e coinvolgente è quello delle scuole: non è pensabile che affidiamo i nostri figli a strutture spesso obsolete e addirittura prive di vie di fuga. Se ne parla da anni specialmente dopo la terribile tragedia della scuola di San Giuliano di Puglia. Qualcosa si è fatto ma non basta.
Non è accettabile che ad ogni scossa di magnitudo 6 si debba praticamente ricominciare sempre daccapo: dover verificare la tenuta di ponti, edifici pubblici, trovare la sistemazione di migliaia di sfollati e soprattutto piangere la scomparsa di persone care. È assolutamente necessario un grandissimo progetto fatto di tanti progetti che metta in sicurezza il territorio nazionale. Come se dovessimo ricostruire il Paese dopo una lunga guerra perduta.
Ci vorranno tante risorse e un enorme impegno. Quando l’Italia divenne parte della Ue, l’Ue divenne sismica e vulcanica. Ormai quindi il problema è europeo e a livello europeo va risolto. Non v’è alcun dubbio che per una cosa simile la “flessibilità” non è un favore da chiedere ma una decisione da pretendere.

 
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