Amatrice, la sfida dell’arte ferita che rinasce dal disastro

Amatrice, la sfida dell’arte ferita che rinasce dal disastro
di Laura Larcan
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Giovedì 24 Agosto 2017, 00:29
ROMA Nella cattedrale di San Benedetto a Norcia, le squadre di esperti finiranno di puntellare le strutture sopravvissute (con la rimozione delle macerie) solo entro la fine dell’anno. Nella chiesa di San Francesco a Campi, i restauratori dell’Iscr stanno cercando, nella montagna di macerie, i microscopici frammenti di affreschi per tentare l’impresa titanica di ricostruire le millenarie decorazioni, come fu per Giotto ad Assisi. Ad Amatrice sono state messe in sicurezza tutte le 26 chiese, e a metà ottobre partirà il restauro delle opere d’arte e arredi sacri nel grande laboratorio allestito a Cittaducale. Sono solo alcune scene ad un anno dal sisma, da quel 24 agosto che ha innescato la rovina del patrimonio artistico di quattro regioni nel cuore dell’Italia.

GESTIONE DELL’EMERGENZA
«Più che un anno, però, bisogna calcolare che dal 30 ottobre si è ripartiti da zero, perché le continue terribili scosse hanno modificato tutto lo scenario fino ad allora messo in atto, condizionando la nostra operatività», commenta oggi Paolo Iannelli, l’ingegnere di 52 anni chiamato dal ministro Dario Franceschini a guidare la speciale soprintendenza unica per le aree colpite dal sisma, tra Umbria, Lazio, Marche e Abruzzo. A dispetto delle polemiche che hanno accompagnato la gestione dell’emergenza, il Collegio Romano fa un bilancio dell’operato: con la messa in sicurezza di 952 beni immobili, sono stati recuperati 17mila beni storico-artistici e archeologici, oltre 9.500 libri e più di 4.500 metri lineari di archivi. Il tutto, con più di 600 tecnici al lavoro, 80 dei quali sul campo in questi giorni di agosto. E se i numeri hanno un peso, il ministero annuncia un piano di ricostruzione da duecento milioni di euro. Risorse che verranno concentrate all’inizio sui monumenti icona, dalle chiese simbolo di Amatrice San Francesco e Sant’Agostino, alla Cattedrale di Camerino alla Collegiata di San Genesio a Macerata e al Santuario di Macereto a Visso. Fino a San Benedetto a Norcia. «Per San Benedetto a si sta facendo tutto nei tempi opportuni, minimi ma necessari - precisa Iannelli - Si sta finendo la messa in sicurezza della parte absidale, per rimuovere macerie e recuperare i beni. Tutta l’operazione sarà completata entro fine anno, quando poi partirà la progettazione della futura chiesa». I tempi? L’input del governo è forte, ma ci vorranno almeno dieci anni. Passaggio delicatissimo. Lo scenario, d’altronde, è un colpo al cuore. Iannelli pensa ai territori dove l’arte è stata più colpita: le Marche, «un elenco lunghissimo, da dove continuano ad arrivare segnalazioni». Ad oggi i beni culturali danneggiati nella regione che ha dato i natali a Giacomo Leopardi, sono 2456, il doppio rispetto all’Umbria (1150), che è seguita da Abruzzo (742) e Lazio (473). 

IL FURTO
E nella conta dei danni, spicca anche il cold case del furto del dipinto del ’600 dalla chiesa di Nottoria di Norcia, danneggiata dal terremoto. Quel “Perdono di Assisi” (1631) del pittore francese Jean Lhomme (nella scuderia di artisti di Papa Urbano VIII) sparito nel nulla dal 5 novembre scorso. «Non si hanno notizie, sono ancora in corso le indagini», avverte Iannelli. Oggi, ad un anno esatto dal sisma, i riflettori sono su Amatrice e Accumuli. «Abbiamo recuperato quasi tutto il patrimonio mobile, mancano solo gli affreschi, 50 pezzi in tutto, di alcune situazioni più critiche, come a San Francesco», annuncia Cristina Collettini, responsabile del deposito di Cittaducale e coordinatore dell’unità di crisi. «Tutti i 26 immobili, ossia 25 chiese e una torre di Amatrice, sono stati puntellati. E già stiamo cominciando a lavorare sui progetti per l’intervento definitivo di restauro». E le opere d’arte? «A metà ottobre attiveremo il laboratorio di restauro - annuncia Collettini - sempre nella caserma dell’ex corpo forestale dei carabinieri di Cittaducale. Così le opere rimangono nel territorio. Poi, le riporteremo nel deposito dove abbiamo installato un sistema di monitoraggio della temperatura e dell’umidità, per mantenere i parametri ottimali per la conservazione delle opere». 
 
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