Amatrice, un anno dopo: i racconti dei lettori

Amatrice, un anno dopo: i racconti dei lettori
13 Minuti di Lettura
Giovedì 24 Agosto 2017, 11:03 - Ultimo aggiornamento: 19:20
Elisa Cupelli

Mi chiamo Elisa e sono originaria di Rieti,anche se da anni risiedo e lavoro a Milano.
La notte del 24 agosto il dolore e la disperazione hanno turbato la mia vita e quella della mia famiglia residente in zona.
A dicembre é iniziata la mia esperienza come volontaria a supportare il lavoro amministrativo presso il comune di Amatrice per qualche mese.
L'accoglienza e l'umiltà che mi hanno accolta resteranno sempre in me.
Persone che hanno perso case e familiari hanno sempre mostrato una forza e una volontà di ripartire;per tutto questo il mio cuore é rimasto li con loro e appena posso torno li.
Non abbandoniamoli mai...sono un esempio di rinascita di cui dobbiamo esserne orgogliosi.

__________________________________________

Laura D'Ambrosio

Amatrice a distanza di sei mesi da quel 24 agosto 2016 è soprattutto silenzio. Il silenzio delle strade ricoperte di macerie e fango, popolate solo da volontari e militari, ma soprattutto il silenzio delle istituzioni che sembrano averlo abbandonato questo paese.

È tutto rimasto fermo a quella tragica notte. Il ledwall posizionato all’incrocio del centro città segna ancora l’evento in programma per il giorno dopo: “25 agosto 2016, sagra degli spaghetti all’amatriciana”.

Le “passarelle” di politici e vip sono finite insieme al clamore mediatico e ora di questo borgo di appena 2600 abitanti effettivi, anche se non si sa ancora di questi quanti ne siano rimasti, non se ne parla nemmeno più.

A non finire, però, è la speranza degli amatriciani che illumina i loro occhi mentre raccontano l’incubo che hanno vissuto e che a tratti stanno ancora vivendo. Non sanno ancora cosa ne sarà del loro futuro. Gaetano, Valerio e tanti altri credono ancora nella rinascita del loro paese seppur a rilento, ma dove il tempo del compiuto rappresenta un enorme interrogativo al quale non si sa quando daranno una risposta.

“Gli amatriciani sono uomini di montagna e non si fanno di certo fregare” dice Valerio che nel sisma ha perso sua moglie e i suoi due figli, Benedetta e Giuseppe, di 13 e 10 anni.

Percorrendo le frazioni di Amatrice quello in cui ci si imbatte è uno scenario di guerra che sconcerta l’anima. Inimmaginabile e a tratti indescrivibile. Sotto macerie e sassi sembra ancora di sentirle le urla di chi quella notte in appena 10 secondi si è visto crollare la casa addosso. La casa, il luogo di rifugio per eccellenza, proprio quello in cui dovresti sempre sentirti al sicuro, quel 24 agosto per molti si è tramutata in una trappola mortale.

Il profumo del sugo all’amatriciana e stato fagocitato da quello dell’incenso che ha inondato le bare durante i funerali di quei 149 bambini sopresi dalla morte nel sonno. I loro sogni si sono spenti per sempre e dei loro sorrisi resta solo il ricordo.

La maggior parte dei paesi e delle frazioni che attorniano Amatrice sono andati quasi completamente distrutti, tra questi: Retrosi, nel quale prima del sisma erano stati investiti alcuni fondi stanziati per il recupero dei borghi, a seguire Cossara, Moledano, Collecreta, Voceto, Casciello, Prato, Sommati, Sant’Angelo, Rocchetta, San Lorenzo a Flaviano, Cossito, Casali e Saletta. Quest’ultimo il più colpito con 24 morti su 42 abitanti.

I sacrifici di una vita per molti sono stati spazzati via in un attimo. C’è chi racconta di un enorme boato, somigliante ad un’esplosione dove la paura fa novanta e del quale a stento riesci a prenderne coscienza.

Chi è sopravvissuto non ha voglia di raccontare o di ricordare ma spera solo di dimenticare, quasi si fosse trattato di un brutto sogno dal quale ora è necessario svegliarsi. Ora più che mai, perché per chi ce l’ha fatta a sfuggire a quel “tremore omicida” la vita continua.

C’è anche però chi stenta a credere che Amatrice possa risorgere dalle sue ceneri come l’araba fenice e che, invece, si sta solo cercando di cancellarla definitivamente lasciandola abbandonata a se stessa. “Non ci aiutano perché vogliono costringerci a lasciare il nostro paese” dice Gaetano, amatriciano e proprietario di un’impresa di costruzioni. Uno dei tanti che ha deciso di rimboccarsi le maniche dandosi da fare, stanco di aspettare. “Di promesse ne abbiamo sentite tante, ma a distanza di sei mesi i fatti stanno a zero” continua il giovane costruttore, la cui casa situata lungo il corso del paese è andata distrutta riuscendo a salvare per miracolo sua moglie e i suoi due figli. Gaetano in un terreno di sua proprietà ha ospitato una decina di container fornitigli dalla Caritas e provenienti dall’Emilia, dove dallo scorso dicembre hanno trovato rifugio una decina di famiglie. Ha pensato lui stesso a fare gli attacchi del gas, della luce e dell’acqua ma al Comune gli hanno detto che a marzo li sfratteranno in quanto la loro è un’occupazione abusiva. Come se trovare il modo di sopravvivere in uno stato di emergenza rappresentasse un reato.

Quando, come e se risorgerà Amatrice nessuno lo sa ma, una cosa è certa, a distanza di sei mesi troppo poco è stato fatto.

Certo, nessuno vive più nelle tende. Alcuni risiedono negli alberghi dei centri più grandi, altri nei container o si sono trasferiti all’Aquila. Le famose casette (1100 euro al mq) e tra l’altro assegnate a sorteggio non sono ancora pronte.

I bambini hanno ripreso ad andare a scuola in alcuni prefabbricati giunti dal Trentino, ma in strada non se ne vede neanche uno. L’unica attività commerciale aperta è il “bar Rinascimento” a ridosso della zona rossa e a pochi passi dal campanile di Sant’Agostino ancora in piedi, dove il batacchio della campana non suona più i suoi rintocchi a festa. Del resto, c’è davvero poco da festeggiare in quello che sembra essersi trasformato in un deserto di lacrime e macerie.

Amatrice era uno dei borghi più belli d’Italia ed è il caso che ritorni ad esserlo per il Paese intero, ma soprattutto per i suoi abitanti che ora piangono i loro morti e non vogliono saperne di sotterrare anche la voglia di ricominciare.

____________________________________

Barbara Ciancotti

Mio padre è proprietario di una casa sita in SPELONGA, frazione del Comune di Arquata del Tronto.
La notte della prima scossa, quella del 24 agosto 2016 sia io che mia sorella con la sua famiglia (marito e due figli) che mio padre e mia madre eravamo in casa.
Tutti dormivamo e siamo stati svegliati dalla nota fortissima scossa di terremoto che ha reso INAGIBILE la nostra casa.
Per fortuna siamo tutti salvi.
La casa però ha retto solo apparentemente; infatti le lesioni gravissime riportate nel suo interno (considerate che è a due piani), l’hanno resa inagibile e da demolire.
Attualmente la casa è stata MESSA IN SICUREZZA con un dispendio rilevante di risorse economiche ma resta inagibile poiché, non sappiamo quando, dovrà essere demolita.
Prima domanda: a cosa serve allora la messa in sicurezza? Non era forse più opportuno demolirla immediatamente? Quando sarà demolita e ricostruita? Mio padre tristemente mi ha confidato che non ha speranza di ricordarla ricostruita, immaginando i tempi biblici per la ricostruzione.
E infatti con il trascorrere di questo anno ci siamo scontrati con una BUROCRAZIA LENTA e con una AMMINISTRAZIONE totalmente INCAPACE DI GESTIRE un evento di tali dimensioni.
Mi sarei  aspettata e speravo nelle dimissioni del Sindaco del Comune di Arquata del Tronto che brancola nel buio, senza alcuna conoscenza e/o interesse per questa meravigliosa frazione del Comune che sorge sulla valle del Monte Vettore, rimasta ISOLATA e DIMENTICATA, ancora con macerie da smaltire e case pericolanti.
Devo dire che anche gli abitanti di Spelonga appaiono confusi e arresi a questo totale stallo.
Io invece da Roma grido la mia voglia di chiarimenti e pretendo opere, pretendo sviluppo, ripresa, riconoscimenti.
 
Pensate tra l’altro che la mia famiglia aveva proposto di effettuare a proprie spese la ricostruzione ma ci è stato negato…
Noi siamo legati a quella casa, a quei territori e a quei sapori e non abbiamo intenzione di arrenderci, anche se ci sentiamo soli in questa richiesta di aiuto…
 
Il Presidente Gentiloni è stato recentemente all’inaugurazione delle casette a Borgo, avrebbe invece dovuto esserci oggi, ieri, senza avvertire recandosi anche a SPELONGA per capire in quale situazione versa.
 
È un vero peccato che ad un anno dalla prima scossa nulla sia cambiato…ma questo è lo specchio della nostra ITALIA.

___________________________________________

Guido Alegiani

Sono tornato ieri dopo molti mesi nella frazione di Pasciano (Amatrice) , paesino di montagna dove ormai da oltre 60 anni ho trascorso le mie vacanze, poi le mie ferie e da qualche anno qualche mese in estate con figli e nipoti. Ero lì anche il 24 agosto con mia moglie, mia figlia e i miei tre nipoti. Siamo stati fortunati , siamo vivi così come tutti gli abitanti presenti quel giorno. Ieri ci siamo dati appuntamento alle undici e siamo riusciti a raggruppare un discreto numero di persone per organizzare la festa del paese la penultima domenica di agosto, come ogni anno. In mezzo ad un prato abbiamo allestito un piccolo altare e grazie a due sacerdoti e due suore abbiamo celebrato la Santa Messa , fatta una breve processione come tutti gli altri anni. Pasciano se visto da fuori sembra non aver subito gravi danni. Soltanto un vecchio pagliaio è crollato. La quasi totalità delle case è in piedi anche se oltre il 90 % di esse è inagibile.  Dopo oltre un hanno niente è cambiato,  tutto è fermo a quel giorno. Eppure ci sarebbe tanta voglia di tornare da parte di tutti . Piano piano con il passare dei giorni comincia a subentrare la rassegnazione.  Di belle parole ne abbiamo sentite tante ma la mia personale impressione e che le risorse da destinare alla ricostruzione non ci sono e quindi si prende tempo. Ma quanto?

_________________

Angelo Bitondi

Proprio ieri, 20/08/2017, ho partecipato alla 40^ edizione della gara podistica internazionale su strada Amatrice-Configno. Quest'anno, visti i drammatici eventi, a scopo di beneficenza e non a caso denominata "Edizione della Rinascita". Immagini viste e riviste in TV, drammatiche, appunto. Io, ed un bel gruppo della mia societa sportiva, in pulman, felici di essere presenti ad un evento così importante e non per la gara in se ma, per tutto il contesto. In prossimità della nostra meta il pulman felice e rumoroso per la gioia, si ammutolisce. I primi danni. Frazioni e paesi interi distrutti, abbandonati, fantasmi, l'angoscia prende il posto della gioia, in un attimo centinaia e centinaia di volti sconosciuti mi appaiono davanti agli occhi. Dove sono? Che fine hanno fatto? Povera gente. Nessuno pensa più alla corsa. Amatrice: doveva essere proprio un bel paese. Distrutto. "Restano solo brandelli di muro". C'è agitazione nonostante tutto, ah e vero la gara. Vestizione, pettorale, partenza. Nonostante tutto siamo qui per questo e adesso più che mai sono felice di esserci. Il calore degli spettatori è fantastico, ti danno una spinta per affrontare la fatica, è gente di questo territorio dilaniato e applaude, incita, urla.... non c'è la faccio, mi manca il respiro, troppa fatica ... urla ... devo fermarmi un'attimo. Cammino, cosa stanno urlando? Tra gli applausi urlano grazie. Sono stordito, loro ringraziano noi corridori. Ma di che????? Io non ho fatto niente di speciale, voi piuttosto meritate il GRAZIE più grande. Applaudo, ringrazio loro, mi sento fuori luogo ho perso la forza davanti a voi che di forza ne avete da vendere. Straziante sentimento di gioia, corro e mi accorgo che ciò che scende dal mio viso non è solo sudore. Arrivo, ah ... la gara. Finita.


Ma non è finita per loro, è ancora lunga.

Forza ragazzi ce la farete, voi si che siete forti.  GRAZIE.

___________________________



Oreste Scalese


Ricordi: Boato , letto che trema, specchiera che sbatte violentemente contro il muro.
Siamo tutti e 5 componenti della famiglia salvi. Usciamo macchina distrutta.
La casa ha retto alle scosse  ed è una delle pochissime ancora in piedi in Arquata centro.
Un anno dopo: delusione totale. Le macerie delle case crollate sono davanti casa cosi' come sono cadute.
Zona rossa , non si può' entrare se non accompagnati, la casa e il suo contenuto sono una capsula del tempo ferma al 24 agosto 2016.. 

______________________________

Elisa

Mi chiamo Elisa, sono una studentessa che vuole diventare un'assistente sociale e vivo a Roma. 
No, non ero ad Amatrice quella notte.. e alcune persone direbbero "ma beata te".
Sì, beata me.
M sono davvero spaventata un anno fa. Avevo cominciato a dormire con la luce accesa, solo perché avevo sentito dire che, se cambi l'aspetto del posto in cui ti trovavi quando è successo ciò che ti fa paura, ti aiuta a non pensarci.
C'è un motivo sapete? C'è un motivo se, alcune persone hanno paura del terremoto ed altre no. La terra che trema, il pavimento che si muove...viene interpretato dalla mente come un crollo di una certezza. E a me, purtroppo, erano già cadute tante "certezze", tant'è che il terremoto mi ha ricordato quanto si è impotenti davanti a determinati eventi, per un lutto,  sentire la terra tremare, la casa che ti cade addosso...
La mia casa è rimasta intatta, vivo in una grande città, le case popolari sono di cemento, e credetemi, quasi tutte le persone che ho intorno mi hanno continuato a dire che non dovevo preoccuparmi, e che ci sono state persone a cui sono successe cose peggiori rispetto alla mia "semplice" inquietudine. 
Ma io ho perso i miei genitori, e il pavimento che trema mi ricorda che, davanti ad alcune situazioni, sono impotente.. proprio come sono impotente davanti alla morte. 
Non posso impedire che la terra non tremi più. 
Quella notte non sono più riuscita ad addormentarmi. Seguivo ogni cosa in diretta sul canale di RaiNews24. Ho assistito in diretta alla seconda scossa, alla disperazione del sindaco che, in lacrime, chiedeva aiuto. Ho assistito ad ogni azione dei volontari per cercare di liberare le persone sotto le macerie..
Guardavo, quasi con il senso di colpa..
Guardavo e riguardavo. Ho quasi pianto quando hanno trovato quella bambina ancora viva. Volevo andare lì, aiutare quei volontari. Ma sono una vigliacca e una persona insensibile, che non si doveva permettere di essere terrorizzata dal terremoto, proprio perché io una casa ce l'ho ancora, ho una famiglia, un cane, l'università. La mia vita è andata avanti così, tra una paura e un'altra. Neanche vi sto a dire cosa ho provato quando sono arrivate le scosse di ottobre e di gennaio.
Successivamente, ho deciso che non dovevo permettermi, ulteriormente, di avere paura. Dovevo avere rispetto per quelle persone che sanno davvero cosa significa la paura del sisma, e quindi, ho deciso di tranquillizzarmi e di godermi cosa ho nella vita.
Un giorno, per caso, mi è capitato su Facebook un articolo in cui veniva portata l'esperienza degli assistenti sociali in caso di calamità naturali, ho letto anche che avevano creato un'associazione con il Dipartimento della Protezione Civile, e così ho deciso di scriverci la tesi della triennale. Mi sono messa a lavoro, ho fatto ricerche, interviste, ho studiato. Ho potuto leggere, per filo e per segno, il duro lavoro della Protezione Civile, e tutto il loro intervento anche in altri casi di calamità. Mi sono veramente appassionata e ho cercato di fare un bel lavoro, parlando anche del lavoro di comunità e degli interventi eseguiti per il sisma di un anno fa.
La tesi non è perfetta, come quella di chiunque tra l'altro, ma ne vado fiera. 
Io non ho paura adesso. 
Però, in questo momento, continuo a guardare RaiNews24, mentre stanno mandando in onda pezzi dei servizi fatti  un anno fa. Un anno esatto. Sembra volato.
Mi casca una lacrima a rivedere quelle immagini, un paese distrutto in un attimo. Penso a quanto sono fortunata a non essermi trovata lì in quel momento, ma mi sento triste comunque.
Spero solo che le cose miglioreranno, trasformando il terremoto solo in un amaro ricordo. Una canzone, infatti, dice "domani è già qui".
Sono vicina alla popolazione, lo sono sempre stata, dal profondo del mio cuore.
E ringrazio voi, sia della possibilità di poter scrivere qualcosa, sia della lettura. Spero che non pensiate che io sia una persona superficiale, ma tengo a dimostrare quanto un evento del genere può portare danni nell'animo delle persone, anche quelle non coinvolte direttamente.
#InsiemePiuForti

_______________________________________

Patrizia Gianfelici


Un anno fa eravamo lì nella nostra casetta di Piè Casavecchia, Comune di Pieve Torina, dove sono nati i miei genitori, i miei zii, i miei nonni, i miei bisnonni...
La paura è stata tanta...ma non sapevamo che il peggio, per noi, sarebbe arrivato con le scosse di ottobre.

Mio padre, costretto a lasciare il suo paese perché non c'era lavoro, aveva mantenuto sempre un rapporto strettissimo con la sua terra, ci tornava sempre, appena aveva un giorno libero...
ed appena aveva avuto la possibilità aveva acquistato lì una casa. Per lui che viveva a Roma, in affitto, comprare una casa lì, nella sua terra, era la realizzazione di un sogno...del sogno di una vita! Per trenta lunghi anni lui e mia madre hanno investito lì tutto ciò che avevano e non parlo solo di risparmi ma di energia, fatica, sacrifici.... 
Quando ormai era completamente ristrutturata...è arrivato il terremoto del 1997. I miei erano lì e per mesi non sono riusciti a raccontare quello che avevano provato se non tra i singhiozzi e le lacrime.
Sono seguiti anni di ristrutturazioni, ancora sacrifici e fatica e denaro...
Se papà non fosse morto il 26 maggio 2016...sarebbe morto di crepacuore ora, sapendo che la sua casa è da demolire ed ancora di più per il dispiacere di vedere i suoi nipoti, i suoi amici...senza più niente!
Senza nulla...se non la forza interiore, il coraggio e la testardaggine di andare avanti, di ricostruire "in sicurezza", se non per loro...almeno per i propri figli, perché non siano costretti ad abbandonare la propria terra...come si faceva, con dolore, tanti anni fa.
Da allora però tutti noi che abbiamo avuto le radici spezzate da questo terremoto... abbiamo anche, sempre, rivolto un pensiero agli abitanti di Amatrice, Accumoli, Arquata che non c'erano più e a tutte quelle famiglie che avrebbero dato chissà cosa per aver perso soltanto la casa e non anche gli affetti più cari!
Oggi è a loro che va il mio pensiero ed il mio abbraccio più forte
 
© RIPRODUZIONE RISERVATA