Strage migranti, il racconto dei superstiti: «Salite a bordo o vi ammazziamo tutti»

Strage migranti, il racconto dei superstiti: «Salite a bordo o vi ammazziamo tutti»
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Giovedì 23 Aprile 2015, 06:35 - Ultimo aggiornamento: 09:24
dal nostro inviato Nino Cirillo

CATANIA - Quando parti da un deserto e arrivi a vedere per la prima volta il mare, puoi anche restare paralizzato dalla paura. Ma te la fanno passare loro, gli sgherri di questo traffico infame. Ha raccontato uno dei 28 superstiti del naufragio di sabato notte, uno che ci stava su quel barcone con 900 migranti: «Se non fossimo saliti a bordo ci avrebbero ucciso».



CON I FUCILI SPIANATI

Ecco come li hanno convinti, con i fucili spianati, ecco perché il procuratore della Repubblica di Catania Giovanni Salvi, parla di «quadro spaventoso», di «elementi terribili», di «trattamenti inumani». Mano a mano che i giorni passano, infatti, i flash si fanno più nitidi e insopportabili: solo adesso si viene a sapere, ad esempio, che su quella spiaggia dalle parti di Zuwara, in Libia, altri quattrocento disperati la sera del 16 aprile sono fortunatamente rimasti a terra. Avrebbero voluto caricarli tutti, ma anche la crudeltà evidentemente ha un limite. E solo adesso si viene a sapere che in coperta, sul ponte di quella carretta, sono stati sistemati appena in cinquanta, forse solo per aver pagato un sovrapprezzo al biglietto del viaggio. Vuol dire quindi che ottocento e più erano chiusi nelle stive, su due livelli, e non hanno visto nulla, non hanno potuto fare nulla. E i conti, tragicamente, tornano: 28 sopravvissuti, compresi il comandante tunisino ubriaco e drogato, e 24 cadaveri recuperati. Fanno cinquantadue.



L'inchiesta della procura di Catania va avanti. Sono stati ascoltati fino alle nove di ieri sera, per quattro ore buone, Mohammed Ali Malek, il tunisino appunto, e il suo assistente siriano, Mahmud Bikhit. Fanno poco più di cinquant'anni in due: si sarebbero accusati l'uno con l'altro al punto che l'avvocato Massimo Ferrante, entrato come difensore di tutti e due, ne è uscito come legale del solo Ali Malek. Il siriano ha puntato il dito contro di lui: «Comandava la barca, io non c'entro». Il tunisino si è intestardito a dire: «È stato un errore umano, e neanche mio. Io ho pagato per imbarcarmi, il comandante era un altro ed è morto...». Sono accusati sia l'uno sia l'altro di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, mentre soltanto il capitano deve rispondere di naufragio colposo, omicidio colposo plurimo e anche di sequestro di persona «aggravato dalla presenza di minori».



I minori, soprattutto i quattro sopravvissuti. Due bengalesi e due somali, il più grande di loro non ha ancora compiuto 17 anni. Per tutta la mattinata, cinque ore e forse più, sono stati ascoltati dagli uomini della Squadra mobile di Catania. Alla fine, all'ora di pranzo, il colpo di scena: i bengalesi sono rimasti al sicuro nel centro di accoglienza di Mascalucia, mentre i due somali, a bordo di una Volante, sono stati trasferiti a Catania. In una «località protetta», proprio come gli altri cinque testimoni di questa strage. La spiegazione ufficiale è che sono somali, di quelli che di notte scappano facilmente perché hanno sempre un'auto pronta oltre la cancellata. Ma è più forte la sensazione che invece siano semplicemente loro i più svegli, che sui loro ricordi si punti per incastrare gli scafisti.



L'UDIENZA

Lo si capirà oggi, alle tre e mezza del pomeriggio, nell'udienza per la convalida dei due fermi. E soprattutto lo si capirà domani, quando i loro racconti diventeranno incidente probatorio, cioè una vera e propria prova processuale. Sarebbero i due giovanissimi somali, ad esempio, a confermare che collisione c'è stata con il portacontainer portoghese arrivato a soccorrerli e che è stata causata tutta dalla manovre azzardate del comandante, impegnato solo a nascondersi fra gli altri migranti. Ma anche a precisare che «il barcone ha urtato tre volte contro la nave». Tre volte, fino a rovesciarsi, fino all'ecatombe.



E gli sbarchi non si fermano: solo ieri 545 a Salerno, arrivati con la Chimera, una corvetta della Marina, e 446 ad Augusta, in Sicilia, con il pattugliatore Denaro della Finanza. E altri 220 a Pozzallo, sempre soccorsi dalla Finanza. Più di mille in ventiquattr'ore: cos'altro ci aspetta?