Soldato morì per l'uranio impoverito: ministero della Difesa condannato

Soldato morì per l'uranio impoverito: ministero della Difesa condannato
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Venerdì 20 Maggio 2016, 17:33 - Ultimo aggiornamento: 21 Maggio, 22:26
Salvatore Vacca, caporalmaggiore dell'Esercito, morì per leucemia l'8 settembre 1999 in una stanza dell'ospedale oncologico di Cagliari: aveva 23 anni ed è stata una delle prime vittime della cosiddetta Sindrome dei Balcani. Partito per una missione in Bosnia con la brigata 'Sassarì, nel novembre 1998, tornò a casa malato il 12 aprile successivo. La fine è stata rapida. I genitori, fin dal giorno dopo il decesso, si sono battuti per chiedere «giustizia», ipotizzando che la malattia fosse riconducibile al contatto, senza adeguata protezione, con proiettili all'uranio impoverito. Ne è nata una lunga vicenda giudiziaria alla quale, 17 anni dopo, la Corte d'appello civile di Roma potrebbe aver messo la parola fine con una sentenza che conferma la condanna in primo grado del ministero della Difesa - accusato di «condotta omissiva» per non aver protetto adeguatamente il militare - a risarcire la famiglia del soldato per oltre un milione e mezzo di euro. Somma che si aggiunge all'indennizzo, già ricevuto, di 650 mila euro (la distinzione netta tra risarcimenti e indennizzi è un altro dei «paletti» fissati dai giudici d'appello).

Secondo Domenico Leggiero, dell'Osservatorio Militare, dalle motivazioni di questa «sentenza storica» emergono «gravi inadempienze e la certezza assoluta del rapporto diretto di causa effetto tra l'esposizione all'uranio impoverito e le neoplasie che hanno portato alla morte 333 ragazzi ed oltre 3.600 malati». La mamma del giovane militare, Giuseppina Secci, è soddisfatta: «È una sentenza giusta, abbiamo aspettato tutti questi anni, è passato tanto tempo ma oggi finalmente è venuto fuori che avevamo ragione. Abbiamo combattuto questa battaglia durata 17 anni anche per tutti gli altri, in modo che non vengano dimenticati». «Questa battaglia la dobbiamo a lui - sottolinea la 'madre coraggiò - è quasi un segno, domenica avrebbe festeggiato 40 anni». Vacca - scrivono i giudici, secondo quanto reso noto dall'Osservatorio - è stato esposto agli effetti dell'uranio impoverito senza «alcuna adeguata informazione sulla pericolosità e sulle precauzioni da adottare». La sentenza parla di «condotta omissiva di natura colposa dell'Amministrazione della Difesa», ma anche di «comportamento colposo dell'autorità militare per non avere pianificato e valutato bene gli elementi di rischio». E poi di «compatibilità tra il caso e i riferimenti provenienti dalla letteratura scientifica» e di «esistenza di collegamento causale tra zona operativa ed insorgenza della malattia». Il caporalmaggiore di Nuxis (Carbonia-Iglesias) è stato impiegato per 150 giorni in Bosnia come pilota di mezzi cingolati e blindati. Nella sua attività Vacca ha trasportato munizioni sequestrate, materiale che, scrivono i magistrati, si sarebbe dovuto considerare «come ad alto rischio di inquinamento da sostanze tossiche sprigionate dall'esplosione dei proiettili» e i rischi «si devono reputare come totalmente non valutati e non ottemperati dal comando militare».

Questa condotta omissiva, secondo i giudici, «configura una violazione di natura colposa delle prescrizioni imposte non solo dalle legge e dai regolamenti, ma anche dalle regole di comune prudenza».
Quella di Vacca, sottolinea Leggiero, è la 47/a sentenza di condanna ottenuta dal legale dell'Osservatorio Militare nei confronti del Ministero della Difesa: «è stato un crescendo di presa d'atto da parte della magistratura che oggi ha emesso questa sentenza unica in Europa che potrebbe chiudere definitivamente il caso uranio impoverito». C'è la «conferma della consapevolezza del ministero del pericolo a cui andavano incontro i militari in missione in quelle zone e sono sicuro - conclude il rappresentante dell'Osservatorio militare - che giovedì prossimo in audizione alla Commissione uranio il ministro della Difesa Roberta Pinotti terrà conto di questa decisione».
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