Guerra ai terroristi: serve fermezza, non urla isteriche

di Paolo Graldi
3 Minuti di Lettura
Mercoledì 20 Maggio 2015, 22:56 - Ultimo aggiornamento: 21 Maggio, 00:04
Hanno preso il presunto complice degli stragisti di Tunisi.Adesso si apre il grande ventaglio delle verifiche giudiziarie, innescate da un’azione della nostra Intelligence d’accordo con i servizi di sicurezza tunisini e con l’apporto della Digos di Milano. Il Viminale nelle ultime ore è apparso assai cauto nel presentare il giovane marocchino portato a san Vittore. E come da copione, con aperta impazienza polemica, divampa senza essersi mai spenta la guerriglia politica, con intensi aromi elettorali, sulla questione degli sbarchi clandestini.

L’arrestato è giunto sulle nostre coste in barcone: di qui,si dice, la prova che arrivano anche dal mare i terroristi e il riaccendersi della richiesta di respingimenti totali, di blindatura delle frontiere, comprese quelle sul mare. Come un mantra la Lega di Salvini e dintorni reclamano le dimissioni del ministro dell’Interno. Richiesta per lo meno paradossale: invece di apprezzare un’efficace operazione di polizia si attacca il titolare del dicastero. Nessuno ha mai escluso che terroristi potessero arrivare confusi fra i migranti.

Il Viminale ha sottolineato che fino a quel momento non era successo e non vi erano evidenze investigative e di intelligence in quel senso. E anche in questo caso, con il passare delle ore, chiarendosi il quadro d’insieme, si è ricorsi ad una maggiore cautela.

Bisognerà aspettare ancora un po’, capire se le accuse mosse dalla polizia di Tunisi contro Abdel Majid Touil, marocchino, 22 anni, sono sorrette da prove certe e se verranno dissolti i tanti piccoli misteri che ancora gravano sull’arresto. Di certo c’è che questo giovane uomo, capello corto, senza barba, preso a Gaggiano (Milano) dove viveva con la madre, due fratelli e una cognata che giurano sulla sua innocenza, è considerato “vicino” ai terroristi dell’assalto al museo del Bardo, 24 morti, 45 feriti, quattro italiani tra le vittime.

Adesso è la sua strada verso l’Italia che è messa al microscopio. I parenti lo scagionano: «Il giorno del Bardo era davanti alla tv. Studia italiano due volte alla settimana…». Era arrivato su un barcone, identificato ad Agrigento il 17 febbraio scorso; a Porto Empedocle gli hanno messo in mano un provvedimento di espulsione, in gergo una “intimazione” per lasciare il paese entro 15 giorni. Poi chissà.

È certo, invece che egli abbia “smarrito” il passaporto, denuncia fatta dalla madre, (fa la badante da quelle parti) che ora usa il fatto per dire che, senza documenti, Abdel non poteva ripassare il Mediterraneo. Il passaporto è al centro delle investigazioni. Un elemento considerato di notevole importanza. Smarrito davvero, e quando, se la denuncia è posteriore alla data dell’attacco del Bardo?

I sostenitori della tesi che nei barconi di disgraziati africani in cerca di salvezza s’infiltrano soggetti al alto potenziale terroristico da questa vicenda distillano argomenti per enfatizzare questo rischio, del resto mai completamente escluso dalle nostre autorità, le quali si limitano a dire che vi sono strade più sicure per questo genere d’arrembaggio e che, comunque, le prove finora raccolte ci dicono che, semmai, è nelle comunità già insediate (Parigi docet) che si nascondono, si aggregano e studiano sortite esplosive.

L’esperienza suggerisce prudenza. Cantare vittoria non serve, se non ad alimentare un clima di inquietudine, di paura, certo non utile alla fermezza con la quale si deve fronteggiare il pericolo, da qualsiasi parte provenga.

L’orizzonte si presenta denso di incognite. L’evolversi della strategia europea, con i suoi tanti stop and go, verso il fenomeno della immigrazione clandestina via mare porrà presto anche la necessità di nervi saldi e di una lucida fiducia nelle operazioni che si stanno preparando dall’altra parte del Mediterraneo. Prove impegnative alle quali, ovviamente, anche la politica fatta nelle piazze potrà dare un contributo di saggezza, di calma ragionata.