Rosita, che abitava con la famiglia a Fratta Terme, a quindici chilometri da Forlì, non era figlia unica, anche fratello frequentava anch'egli il Liceo Classico Morgagni. Era stata scelta per un anno di studi in Cina, ma i genitori le negarono questa opportunità, così come le proibirono di avere un profilo su Facebook o di acquistare un nuovo smartphone. Diceva di sentirsi prigioniera in casa, raccontarono i compagni di classe, i genitori non la lasciavano uscire, quando tornava con il bus da scuola dal balcone la seguivano con lo sguardo. Tutti elementi che possono rientrare nei confini di una famiglia severa, ma non in quelli che delimitano l'istigazione al suicidio e i maltrattamenti. Ma l'inchiesta, durata un anno e mezzo deve avere scoperto altro. Resta l'immagine terribile di una ragazza di sedici anni che, dopo avere lasciato dei biglietti di addio nella buca delle lettere di alcune compagne, un giorno di giugno usa le scale anti incendio per salire sul tetto del liceo, con un telefonino registra un ultimo messaggio, si toglie le scarpe. E si lancia nel vuoto.
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