L'analisi/Il ruolo dei nuovi media tra cultura e fake news

di Antonio Martusciello
2 Minuti di Lettura
Venerdì 28 Aprile 2017, 00:05
La nostra cultura non è altro che informazione. In questi termini, il tema delle “fake news” può rappresentare un pericolo per la società moderna. In una «cittadinanza zeppa di comunicazione», ma priva di conoscenza e consapevolezza, l’inerzia intellettuale dell’individuo e il bombardamento di notizie provenienti dalle più disparate fonti possono alimentare il fenomeno della disinformazione. 

Una pratica già nota, le cui origini sono di lontana memoria. Dalle “pasquinate”, sonetti spesso diffamatori appesi di notte sulle statue di Roma, ai “canard”, distribuiti nelle strade di Parigi con notizie spesso ingannevoli, ai tempi più recenti, in cui il celebre sceneggiato radiofonico War of the Worlds, nel descrivere un’invasione aliena, scatenò il panico. 

Un fenomeno conosciuto e alimentato da una scarsa percezione della realtà, che si fonda sull’assenza di una corretta educazione culturale e informativa, oggi accentuata dall’utilizzo, talvolta distorto e inconsapevole, dei social network. Narcisismo e superficialità degli utenti, che condividono anche ciò che non si conosce, costituiscono un terreno fertile per la proliferazione delle “fake news”.

L’accesso a una varietà potenzialmente infinita di documenti e materiali ha come conseguenza la possibilità di una fruizione dei prodotti culturali, in qualsiasi luogo e in qualunque momento. 
Il carattere sempre più social delle interazioni interpersonali, unitamente al surplus informativo disponibile in Rete, rischia di annullare comprensione e apprendimento, in un turbinio di zapping informatico, a detrimento della capacità critica dell’individuo. 

La cultura diventa, quindi, strumento essenziale per la selezione e il filtraggio delle informazioni.
Se come riteneva Clifford Geertz, «l’uomo è un animale sospeso fra ragnatele di significati che egli stesso ha tessuto», e «la cultura consiste in queste ragnatele», allora appare fondamentale puntare su una conoscenza scevra da possibili manipolazioni degli eventi, che rischiano di cristallizzarsi nella memoria collettiva. 
Ripensare, quindi, al ruolo della Rete appare imprescindibile. In un terreno ancora non propriamente esplorato, se qualificassimo Internet al pari di altri servizi di pubblica utilità, questi potrebbe essere investito di una mission sociale e chiamato a svolgere quella funzione informativa, educativa e culturale propria dei mezzi di comunicazione tradizionali. 

Pertanto, stimolare la produzione culturale e rendere Internet strumento della sua diffusione, non può essere escluso aprioristicamente, ma richiederebbe interventi mirati, ispirati a una soft regulation che ne consenta una rinnovata responsabilità.

Come profetizzava George Orwell in “1984”: «Chi controlla il passato controlla il futuro. Chi controlla il presente controlla il passato». È alla luce di questo insegnamento che le pubbliche istituzioni sono chiamate a uno sforzo univoco per una corretta divulgazione della conoscenza ed è in tale contesto che la Rete potrebbe divenire fautrice di una concezione plurale del sapere.
© RIPRODUZIONE RISERVATA