Rudy inchiodato dal Dna: violentò Meredith Lui nega e insiste: «L'ha uccisa un italiano»

Meredith Kercher
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Giovedì 22 Novembre 2007, 09:34
PERUGIA (22 novembre) - Colpo di scena in serata nell'inchiesta sull'assassinio di Meredith Kercher: la prova del Dna ha confermato che Rudy Hermann Guede ha violentato Meredith la sera in cui la studentessa inglese è stata uccisa. ll Dna di Rudy Guede è stato raccolto dagli specialisti della polizia scientifica dallo spazzolino da denti del giovane ivoriano durante la perquisizione compiuta ieri l'altro nella sua abitazione di Perugia. Nel tardo pomeriggio di oggi è arrivata la risposta della comparazione tra il Dna del ragazzo e quel Dna parziale che era già stato rilevato nel corso dell'autopsia di Meredith e sul luogo del delitto. Precisamente, quel Dna parziale, che già si sapeva essere di un uomo e non corrispondere a Raffele Sollecito né a Patrick, era stato raccolto con un tampone vaginale. Testimoniava un rapporto sessuale che era stato non completo e violento. Lo stesso Dna era sulla carta igienica del bagno. Ora è dunque confermato che Rudy costrinse quella sera ad un rapporto sessuale la giovane inglese prima della sua morte. L'impronta della sua mano insanguinata sul cuscino aveva già confermato la sua presenza nella stanza dopo la morte di Meredith. Rudy nega: è stato un italiano. L'ivoriano ha finora negato qualunque responsabilità nella morte di Meredith. «C'era un italiano che non conosco che ha aggredito la ragazza, l'ha accoltellata e poi è scappato». Sono le parole che Rudy Hermann Guede avrebbe detto al giudice di Coblenza per sostenere di non aver ucciso Meredith Kercher la sera del 1 novembre nella casa di via della Pergola a Perugia. E' il racconto che il giovane ivoriano arrestato due giorni fa avrebbe fatto nel corso dell'udienza che doveva accertare formalmente la sua identità e che proprio per questo motivo non sarebbe stato verbalizzato. Il giovane avrebbe comunque confermato di essere stato a casa della studentessa inglese la notte dell'omicidio. «Sono andato a casa di Meredith e siamo entrati insieme - avrebbe detto -. Appena entrato però mi è preso un attacco di mal di pancia e mentre ero in bagno ho sentito gridare». «C'era un giovane italiano che non conosco - avrebbe aggiunto - che ha aggredito la ragazza, l'ha accoltellata ed è scappato». Rudy avrebbe poi riferito di aver fatto un tentativo di salvare la studentessa inglese. «L'ho presa in braccio, ho cercato di rianimarla ma poi - conclude - preso dal panico sono scappato». Un racconto simile l'ivoriano - anche se in alcuni particolari vi sarebbero delle contraddizioni - l'avrebbe fatto anche la notte prima dell'arresto, chattando con il suo amico che era negli uffici della squadra mobile perugina assieme agli investigatori che cercano di dare un volto all'assassino di Mez. Ma anche in quell'occasione Rudy avrebbe fornito almeno tre diverse versioni di quella notte. Dunque gli investigatori attendono di poterlo interrogare per avere un quadro più chiaro. Era ossessionato dalle ragazze straniere E dall’Italia arriva un ritratto di Rudy: un ragazzo sregolato, dai modi gentili ma ossessionato dalle ragazze straniere. Lo racconta Roberto F., studente fuori sede all’università di Perugia che ha frequentato Rudy negli ultimi mesi. Fino alla notte dell’omicidio di Meredith. «Quel giorno si è presentato a casa mia alle cinque di mattina - racconta -. Credo che indossasse una maglia nera con il cappuccio. Era molto scosso. Chiedeva soldi, diceva che era questione di vita o morte. Gli ho dato dieci euro ma non ha voluto dirmi cosa fosse successo. Da quel momento è sparito, senza più rispondermi al cellulare». Roberto non ricorda se “la mattina dell’omicidio” sia quella precedente al ritrovamento del cadavere o quella seguente ma ricorda bene quel particolare inquietante. «Era ossessionato dalle donne. Cercava ragazze straniere, ci provava con tutte ma non rimorchiava mai - continua - era un po’ depresso, diceva che si sentiva diverso. Soffriva molto per questa situazione, così tanto che voleva andare in Svezia perché era convinto che lì sarebbe stato molto più facile trovarne una disponibile. Recentemente, mi aveva telefonato per dirmi che aveva dormito con una ragazza e che avevano sniffato insieme». La decisione del giudice tedesco «Se il parere del giudice arriverà entro oggi - ha detto il portavoce Thomas Gruenewaldn - il procedimento Guede andrà all'ufficio del procuratore generale di Coblenza per la decisione finale sulla consegna all'Italia». La decisione del giudice, una donna, sul passo procedurale per arrivare alla vera e propria estradizione potrebbe essere già comunicata entro il primo pomeriggio. Intanto gli avvocati difensori hanno depositato l'istanza per chiedere un colloquio urgente con il giovane in carcere in Germania. Dovrà ora essere il tribunale tedesco a decidere se concederlo o meno. Se la risposta fosse affermativa partirebbe anche il padre del ragazzo. Lumumba: «Non perdonerò mai Amanda» «Non penso che riuscirò mai a perdonare Amanda - ha detto Patrick Lumumba dopo la scarcerazione - Perché mi ha tirato dentro a questa storia? Non sono mai entrato nella casa di Meredith». Secondo il congolese, Amanda decise di implicarlo quando lui la incontrò un giorno prima che per lei e il suo ragazzo scattassero le manette. Patrick dice che incontrò la ragazza americana davanti all'università dopo che un professore gli aveva chiesto se conosceva una persona bilingue che potesse gestire le richieste di informazioni della stampa anglosassone giunta in forze a Perugia. «Le chiesi se fosse interessata. Lei disse no, sorridendo, e se ne andò per la sua strada», ha spiegato Lumumba. Manifesti abusivi contro la droga Le foto di Amanda Konx e Rudy Guede sono comparsi su manifesti abusivi contro la droga firmati da Forza Nuova. I vigili urbani hanno provveduto alla rimozione. Il cappellano: Amanda è triste «Non vede televisione e non legge giornali che parlano di lei, continua a scendere per l'ora d'aria, anche se in un orario diverso da quello delle altre ragazze, non è che stia barricata in cella sotto le coperte...». Lo ha raccontato il cappellano della sezione femminile del carcere di Perugia, don Saulo Scarabattoli, in un'intervista rilasciata a Repubblica Radio Tv. «Quando le ho parlato non mi sembrava arrabbiata - prosegue don Scarabattoli - semmai triste in alcuni momenti. Ma sulla prova decisiva del dna sul coltello mi ha detto "Va bene, però io sono innocente", quindi sarà compito della polizia dimostrare come sono avvenuti realmente i fatti».