Rigopiano, «L'hotel sepolto? Stia tranquillo è una bufala»: così la Protezione Civile rispose al primo allarme

Rigopiano, «L'hotel sepolto? Stia tranquillo è una bufala»: così la Protezione Civile rispose al primo allarme
di Paolo Mastri
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Domenica 22 Gennaio 2017, 00:00 - Ultimo aggiornamento: 26 Gennaio, 12:49

PESCARA - «Ancora questa storia? Abbiamo verificato, abbiamo sentito l’albergo, la notizia è stata smentita, è una delle tante bufale di questi giorni». Alle 18.20 di mercoledì 18 è questa la telefonata che traccia una linea tra la possibilità di vita e la prospettiva di morte dei 39 presenti nell’Hotel Rigopiano. Il muro di gomma che la sala operativa della Protezione civile della prefettura di Pescara contrappone alla richiesta di aiuto di Quintino Marcella peserà per un’ora e 25 minuti sul timing delle operazioni di soccorso. 

Il nastro della conversazione, registrato dal centralino del 113 che ha smistato la chiamata di Marcella svela il peccato originale della tragedia e indica agli investigatori il primo nome che con tutta probabilità finirà nel registro degli indagati. La voce è quella di una donna e le procedure di identificazione, attraverso il registro delle 15 persone in turno in quel momento sono già in corso.

C’è una traccia che aiuterà gli investigatori e arriva da un altro brano di conversazione. Quando Quintino Marcella si rende conto di essere stato preso per un mitomane insiste e dice: «Non può essere una bufala, c’è il mio amico Giampiero Parete lassù, ho parlato con lui, è una persona seria, lo conosco». «Anche io lo conosco - replica l’operatrice - conosco la famiglia: non vuol dire, è uno scherzo di pessimo gusto». La famiglia Parete gestisce a Pescara un’avviata pasticceria, dettaglio che restringe il campo dei sospetti a una donna piuttosto pratica della città.

I RIFIUTI
È agghiacciante, a tragedia avvenuta, riascoltare i pochi minuti di quella telefonata surreale. Marcella esordisce con tono concitato: «Mi ha chiamato un mio amico, è crollato l’Hotel Rigopiano, ha moglie e figli là sotto, ci sono altre persone!». Più che il contenuto, è raggelante il tono della risposta: sprezzante, non venato da un’ombra di dubbio. Tanto che sulle prime è la certezza di Quintino Marcella a vacillare: «.... Ma come? Se il mio amico ha detto che l’albergo è crollato deve essere così». La risposta è tranciante: «Mi dia il numero, lo chiamo io». E qui Marcella fa un’obiezione che nel contesto suona equivoca: «Guardi che lassù non prende bene, cade la linea». 

«Allora è uno scherzo», risponde l’operatrice. «Uno scherzo del genere con il suo telefono?», prova a farla ragionale l’interlocutore. «Glielo avranno preso per fare uno scherzo». Fine della telefonata.

Da quel momento, siamo quasi alle 18.30, Marcella tempesta di telefonate i centralini di 112, 118, 115 e nuovamente 113, a tutti ripetendo la disperata richiesta di aiuto. Alle 19.20, quando al 113 giunge l’ennesima chiamata dell’uomo che implora «non mi hanno creduto», l’ispettore responsabile della sala operativa ha un’illuminazione: «Datemi il numero di quest’uomo - dice ai centralinisti - voglio parlarci meglio». In ogni storia maledetta c’è un eroe buono.

LA SVOLTA
Alle 19.45 è l’ispettore a chiamare personalmente la Protezione civile ricevendo questa risposta: «Ci stiamo mettendo in moto».

Cosa è successo nel frattempo? In via di ipotesi, il tam tam delle telefonate di Marcella deve aver fatto sorgere finalmente dei dubbi al team della sala operativa. Lo confermerà l’esame di tutti i tabulati telefonici: al momento soltanto quelli di 112 e 113 sono stati acquisiti. Ma un dato di certezza c’è: il direttore dell’albergo Bruno Di Tommaso ha messo a verbale di essere stato contattato dalla sala operativa alle 17.40 e di aver risposto «non mi risulta», alla domanda se l’hotel fosse crollato. Nessuno ha chiarito che Di Tommaso in quel momento non si trovava a Rigopiano. Ma perché quella domanda 35 minuti prima della chiamata di Marcella? Probabilmente una prima richiesta di intervento al 118 deve essere arrivata dai sopravvissuti prima del contatto tra Parete e Marcella, innescando il cortocircuito dell’equivoco.

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