Reggio Calabria, abusarono per tre anni di una 13enne, il "branco" a processo: sono 7 giovanissimi

Il collegio giudicante del processo
di Mario Meliadò
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Mercoledì 11 Ottobre 2017, 21:42 - Ultimo aggiornamento: 12 Ottobre, 17:03
Ha avuto inizio stamattina, al Tribunale di Reggio Calabria, il processo contro il presunto “branco” accusato d’aver sottoposto a ripetuti stupri di gruppo e violenze indicibili una ragazzina di appena 13 anni della vicina Melito Porto Salvo. Alla sbarra sette giovanissimi, uno dei quali è Giovanni Iamonte, figlio di uno tra i presunti capi del potentissimo clan melitese degli Iamonte, Remingo; e un altro è un agente della Polizia (il cui fratello, altro presunto elemento della gang, è tra gli arrestati). Gli arrestati furono otto, ma l’ottavo è minorenne.
 
Fin da subito, l’intera famiglia della ragazzina s’è costituita parte civile, e molte altre sono le istanze all’attenzione del Tribunale – dalla Regione alla Città metropolitana di Reggio, dall’associazione WWW / What Women Want al Garante regionale per la tutela dell’infanzia e dell’adolescenza, il noto sociologo taurianovese Antonio Marziale. Sull’altro fronte, le famiglie degli otto giovani cui è stato mosso un addebito infamante sono di tutt’altro avviso, e fin dall’inizio ambienti vicino agli imputati sostengono animatamente che tutti gli atti sessuali furono consenzienti e che semmai furono i ragazzi a finire nella “rete” di una ragazzina assai emancipata.
Dire che il procedimento penale davanti al collegio presieduto dal giudice Natina Pratticò si preannuncia “infuocato”, rende poco l’idea.
 
Questa mattina, tuttavia, si sono registrate giusto le schermaglie iniziali. Fuori dall’aula, nel piazzale del Centro direzionale di Sant’Anna, associazioni e movimenti hanno brandito cartelli e urlato slogan di solidarietà verso la giovanissima vittima delle violenze sessuali.

Da Cuore di Medea (capitanata dall’ex assessore comunale Patrizia Gambardella) alle donne di Non una di meno fino al gruppo Manden / Diritti civili e legalità, giunto appositamente da Milano («Seguiremo tutte le fasi del processo: se sarà necessario, useremo la nostra Opel con 300mila km sul groppone», giurano Raffaella Da Monte e Maria Grazia Vantadori), tante le associazioni che hanno fatto sentire la propria voce. Tra queste, anche Libera, l’associazione antimafia fondata da don Luigi Ciotti, proprio per i “riflessi” ‘ndranghetistici che impregnano profondamente l’intera questione, specie sotto il profilo culturale: «Abbiamo ritenuto doveroso esserci anche qui, oggi – afferma Mario Nasone, militante reggino di lungo corso – perché fin dall’inizio abbiamo cercato d’essere vicini alla ragazza: al di là delle risultanze processuali, siamo e resteremo dalla sua parte».
 
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