Provincia di Vibo Valentia senza soldi: cinque comuni minacciano di passare a Catanzaro

Il sindaco di Brognaturo Cosmo Tassone, fra i leader del "Comitato Pro Catanzaro"
di Mario Meliadò
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Lunedì 18 Settembre 2017, 20:09 - Ultimo aggiornamento: 19 Settembre, 15:40
«Una battaglia di legittima difesa». Questo pensano gli amministratori e consiglieri comunali di diversi centri montani del Vibonese, intenzionati a operare un distacco che avrebbe del clamoroso: almeno cinque Comuni vogliono abbandonare la Provincia di Vibo Valentia per passare sotto le insegne di quella di Catanzaro.
 
Il motivo fondamentale va ravvisato nelle enormi difficoltà economiche in cui versa ormai da tempo l’Amministrazione provinciale di Vibo, guidata da Andrea Niglia. I 127 lavoratori dell’Ente non percepiscono lo stipendio da oltre un semestre: i “boatos” dicono che potrebbero vedersi erogate le prime spettanze pregresse solo fra tre mesi. Nell’agosto scorso, poi, le verifiche sugli istituti scolastici di competenza della Provincia avevano prodotto esiti a dir poco disastrosi: prospettata la chiusura per il 100% delle 33 scuole vibonesi in quanto prive d’energia elettrica, riscaldamenti funzionanti o certificati d’agibilità, così come per oltre 450 dei 900 km di strade provinciali (42 su 59 sono già state chiuse, o versano comunque in abbandono).
 
Non c’è un euro in cassa ormai da più di quattro anni; al punto che il presidente dell’Upi (l’Unione delle Province italiane) per la Calabria Enzo Bruno, presidente dell’Amministrazione provinciale catanzarese, vista la gravità della situazione, ha chiesto un intervento al “più in alto in grado” tra i politici calabresi al Governo, il ministro dell’Interno Marco Minniti. Ma certo, difficilmente la situazione si potrebbe puntellare davvero con una pur ingente quota degli scarni 72 milioni di euro stanziati dal Governo a favore di Regioni ed Enti intermedi vari.
La richiesta forte è quella di un emendamento “ad hoc” alla Legge di stabilità 2018, sulla scorta della “leggina” che ha consentito d’affrontare adeguatamente i problemi economici della Provincia di Caserta: «Il Governo attui delle misure risolutive che ci permettano di uscire dalla situazione di default», ha chiesto espressamente il presidente Niglia.
Meno tenero il consigliere provinciale Gianfranco Ranieli, portabandiera della minoranza per il Centro Destra Vibonese: «Deliberiamo la chiusura di scuole e strade, poi andiamo in Prefettura e dimettiamoci in massa: non c’è altra strada», afferma. Intanto, la Triplice sindacale ha indicato la via dello sciopero generale.
 
Adesso però diversi centri montani intendono passare dalle parole ai fatti. A guidare la protesta i sindaci di Brognaturo e di Simbario, Cosmo Tassone e Ovidio Romano, che col sostegno totale dei rispettivi Consigli comunali e insieme a forze d’opposizione e movimenti delle vicine Fabrizia, Mongiana, Serra San Bruno e Spadola hanno costituito un “Comitato Pro Catanzaro” il cui scopo è chiaro fin dalla denominazione: distaccarsi dall’attuale appartenenza alla Provincia di Vibo per passare a quella catanzarese, che non soffre certo dei medesimi problemi finanziari.
 
Le manifestazioni pubbliche si susseguono a passo di carica: primo evento ufficiale a Brognaturo, sabato scorso un Consiglio comunale “open” a Simbario. E all’orizzonte c’è un’iniziativa assai più forte: la raccolta delle firme per lasciare la “copertura” della Provincia di Vibo Valentia.
C’è di mezzo la «volontà popolare», asseriscono i leader della protesta, pronti a mettere in atto gesti di «disobbedienza civile», visto oltretutto che non sembra aver sortito effetti la specifica riunione di fine estate sul “caso Vibo Valentia” promossa dal presidente della Giunta regionale Mario Oliverio coi consiglieri regionali del territorio e soprattutto col “deus ex machina” della politica a Vibo e comprensorio, il deputato del Pd Brunello Censore. Il prossimo appuntamento è fissato per dopodomani, quando Niglia e Bruno incontreranno a Roma il sottosegretario agli Affari regionali Gianclaudio Bressa – cui già era stata demandata la questione –, per poi porre la vertenza all’attenzione del direttivo nazionale dell’Unione delle Province italiane, in programma sempre per mercoledì 20 settembre. 
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