Per i cinque anarchici greci, il giudice di Atene in passato non ha, però, mai concesso l'estradizione, mentre l'imputato italiano è ancora latitante. Tra l'altro, nei processi di primo e secondo grado ai quattro "No Expo” che vennero arrestati nell'inchiesta sui disordini, invece, è caduta l'accusa principale di devastazione contestata dalla Procura. La «mera partecipazione ai disordini di piazza» e la «diretta responsabilità per singoli eventi», ha
scritto la Corte d'Appello nelle motivazioni del secondo grado, non possono rientrare nel reato di devastazione, che è punito con pene alte dagli 8 ai 15 anni e, nel caso specifico dagli imputati non è arrivata nemmeno «alcuna apprezzabile agevolazione dell'azione devastatrice che i componenti del Blocco nero» hanno messo in atto.
Nell'udienza preliminare che si è chiusa oggi, invece, con il rinvio a giudizio, si è costituito come parte civile, oltre al Ministero dell'Interno, anche il Comune di Milano, facendo presente che quel giorno il «blocco nero», di cui avrebbero fatto parte anche gli imputati, ha «arrecato un gravissimo danno all'immagine del Comune» anche «quale Amministrazione promotrice della Città in Italia e nel mondo». Il Comune ha anche elencato
una ad una tutte le spese sostenute prima e dopo quei fatti che hanno «provocato un grande clamore mediatico» con la città messa a ferro e fuoco.
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