Operazione verità/Il governo dica qual è il limite all’accoglienza

di Carlo Nordio
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Venerdì 28 Aprile 2017, 00:05
La Procura della Repubblica di Catania ha aperto un’indagine sui rapporti tra Ong e traghettatori di migranti. Ieri il capo dell’Ufficio ha rilasciato dichiarazioni severe, e addirittura inquietanti. Contemporaneamente, l’onorevole Di Maio ha sollevato dubbi sulla dinamica di questi salvataggi, e comunque ha chiesto chiarezza. Il mondo politico ha risposto in modo ambiguo, tra lo stizzito e l’ironico. Da sinistra accusando i grillini di cavalcare il populismo banale; da destra di essersi accorti tardivamente del problema.

Intanto possiamo fare due considerazioni. La prima che, ancora una volta, debba essere la magistratura a occuparsi di fenomeni, forse anche criminali, ma prevalentemente politici. Si era sempre detto che l’immigrazione è un processo epocale. E allora perché lasciarlo a una Procura siciliana? La seconda, che il Movimento 5 Stelle avrà anche cavalcato polemiche banali, come le scie chimiche e altro, ma questo non toglie che possa anche porre domande serie e fondate . L’importanza di un problema risiede nella sua natura, non da chi lo affronta.


E comunque anche i pentastellati possono, occasionalmente, inciampare nella verità. Detto questo, crediamo che il governo, indipendentemente dall’indagine giudiziaria e dal destino delle Ong debba informare i cittadini su alcuni aspetti di carattere giuridico e politico. Primo. Il diritto internazionale, in particolare la cosiddetta legge del mare, non sarà un modello di chiarezza, ma conosce alcuni punti fermi. Ad esempio la convenzione di Amburgo del 79 e quella di Montego del 1982, oltre al nostro codice della navigazione, e altre fonti regolamentari. Da questo complesso normativo deriva l’obbligo del salvataggio dei naufraghi in pericolo di vita e quello del loro trasporto in un luogo sicuro. Queste regole sono state elaborate sulle ipotesi, peraltro già disciplinate dal diritto consuetudinario, delle imbarcazioni in difficoltà in circostanze imprevedibili ed eccezionali.

Domanda: possono considerarsi tali i gommoni portati a duecento metri dalle coste libiche a lasciati lì, in attesa delle Ong? Secondo. Nell’ipotesi di cui sopra si tratta di migranti, o si tratta di naufraghi? Non è una questione da poco. Anche perché ne discende la domanda successiva: se i migranti devono esser identificati e trattenuti, per le pratiche del diritto di asilo, dallo Stato di primo approdo, perché le navi che li soccorrono in acque internazionali li portano direttamente in Italia? Non dovrebbero essere gestiti dallo Stato di bandiera del vascello di salvataggio? Terzo. Noi forniremo alla Libia motovedette armate per contrastare il flusso di migranti. Non è contraddittorio che da un lato predichiamo l’accoglienza solidale, e dall’altro cerchiamo di impedirla senza avere il coraggio di farlo in proprio, ma affidandoci alle forze altrui? Il cittadino vorrebbe quindi sapere se questo traffico vogliamo subirlo, come abbiamo fatto finora, o assecondarlo, come vorrebbero le anime buone, oppure fermarlo, come pare vorrebbe fare il governo. Sono tutte scelte possibili, ma debbono essere spiegate.

E da ultimo i numeri.
Posso sbagliare, ma credo che il Papa abbia detto che se ogni comune accogliesse due migranti il problema sarebbe risolto. Con tutto il rispetto, credo che i conti non tornino. In Italia ci sono ottomila comuni: sedicimila migranti sbarcano in una settimana. E dei restanti, che ne facciamo? Concludo. Qualche cifra andrà pur fatta, e il governo dovrà pur dire quale sarà il limite massimo di accoglienza. Meglio in Parlamento, piuttosto che in un aula giudiziaria.
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