Olio d'oliva, l'anno nero: dimezzata la produzione

Olio d'oliva, l'anno nero: dimezzata la produzione
di Valeria Arnaldi
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Domenica 16 Ottobre 2016, 09:42 - Ultimo aggiornamento: 18 Ottobre, 08:23
ROMA Il 70% in meno in Sardegna. Un calo del 65% in Calabria, Sicilia, Marche. La resa dimezzata in Campania, Basilicata, Abruzzo, Molise. Fino ad arrivare alla Puglia, primo produttore in Italia, che registra una riduzione del 40%. Sono i numeri della produzione a misurare la situazione critica della nuova annata d'olio d'oliva in Italia. Secondo le stime di Consorzio Nazionale Olivicoltori e Unione Nazionale Associazioni Coltivatori Olivicoli, la campagna olearia 2016/2017 sarà nera, con un calo nazionale superiore al 45% rispetto allo scorso anno. E, nelle prossime settimane, il dato potrebbe addirittura peggiorare se le temperature, eccessivamente miti per la stagione, dovessero continuare a favorire la proliferazione della mosca olearia.

I FINANZIAMENTI MANCATI
I parassiti non sono l'unica causa della crisi. Da un lato, a farsi sentire è il calo fisiologico, atteso dopo la ricca resa 2015. Dall'altro, un peso determinante è da attribuire alle condizioni climatiche sfavorevoli. Attenzione, però, il problema della produzione d'olio made in Italy sarebbe ben più complesso e lontano dall'essere limitato a una sola annata. «Da diversi anni - spiega Francesco Tabano, presidente Federolio - la disponibilità italiana è in calo. L'olio ormai è sempre insufficiente a soddisfare il fabbisogno interno. Nelle stagioni di grande carico si arriva al 50%. Servono investimenti. Il Governo, negli ultimi anni, ha promesso finanziamenti che non sono mai arrivati. I produttori da soli non possono farcela. E non basta l'aiuto dell'industria. Occorre un intervento sistematico».

«Dobbiamo recuperare il tempo perso negli anni passati dalle istituzioni per salvare il settore dalla catastrofe - afferma Luigi Canino, presidente Unasco - attivando un sostegno ai produttori e promuovendo con iniziative di comunicazione la qualità dell'olio italiano».
Unaprol, per cui il calo si attesterebbe intorno al 37%, registra comunque regioni nelle quali la produzione mantiene il segno positivo: Toscana +2%, Umbria +12% Veneto +1%. Evidentemente, però, non sufficienti a trainare il Paese. I primi effetti si misurano portafogli alla mano. Coldiretti registra un aumento del 14% nei listini dell'olio. «I prezzi stanno già rimbalzando - prosegue Tabano - La forbice tra il nostro e il prodotto comunitario si sta dilatando così tanto da non essere più giustificabile in termini di qualità». L'olio intanto non basta e dovrà essere importato. La crisi però ha investito pure altri Paesi del Mediterraneo. In Grecia si registra un calo del 20%, in Tunisia del 21.

TERRENI ABBANDONATI
La produzione cresce invece in Turchia, con un aumento del 33%. Seppure pressoché stabile, il cuore olivicolo dell'Europa, è in Spagna, con una resa annua pari un milione e mezzo di tonnellate. In Italia, l'annata sarà di 298 migliaia di tonnellate. «L'importazione non va demonizzata - secondo Tabano - Credo che le aziende di marca debbano farsi garanti di selezionare le materie prime migliori. In Italia, va assolutamente aumentata la produzione. Ci sono migliaia di ettari abbandonati perché nessuno sembra dare più fiducia a questo lavoro. E bisogna ammodernare gli impianti. Negli altri Paesi, molti ettari sono coltivati in modo superintensivo, ciò permette di produrre di più a costi più bassi. Non tutte le nostre cultivar sono adatte ma alcune sì». Per Canino, c'è pure il rischio frodi: «Vari marchi, anche a nome italiano, usano olio importato, ma lo vendono come se fosse made in Italy, perché la nostra qualità è riconosciuta a livello internazionale. La gente deve sapere cosa compra realmente».
La differenza si sente. «Dal punto di vista organolettico, l'olio italiano è migliore rispetto a quello degli altri Paesi - spiega Nicola Di Noia, sommelier dell'Olio e responsabile Olio Coldiretti - inoltre, l'importazione può alterare le caratteristiche del prodotto. Un olio buono si riconosce dal profumo vegetale, di erba tagliata, e dal sapore leggermente amaro e piccante».