Nemmeno un uomo alla Camera: errore

di Marina Valensise
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Domenica 26 Novembre 2017, 00:09
Anche quest’anno si è celebrata la giornata contro la violenza sulle donne.
Ma la strada è ancora lunga e ahimé tutta in salita per arrivare alla parità di genere, se gli uomini non solo vengono pregati di andarsene, ma invitati a brutto muso a sloggiare dalle prime file del corteo, per non confondersi con le donne che manifestano, con le femministe che invocano rispetto e condannano la violenza. Strano, no? Non è violenza anche questa? Spingere fuori dal corteo un ragazzo dall’aria pacifica che vuole sfilare in prima fila accanto a loro? Altra violenza di genere, ma di segno rovesciato. Si parla tanto di parità e di eguaglianza, ma alla prima occasione ci si fa subito riconoscere, scivolando dritte dritte verso il sopruso e l’ineguaglianza che a parole si vuole combattere. Da non crederci. Eppure è successo ieri a Roma. Basta vedere il video su youtube del giovanotto col codino e in felpa scura, con lettere arancione, circondato da una sorta di muta di menadi, mentre cerca gentilmente di avere spiegazioni.

Le donne con l’aria da menadi sono le militanti di “Non una di meno”, che dopo aver elaborato il “Piano femminista contro la violenza maschile sulle donne e tutte le forme di violenza di genere”, violenza ai loro occhi sistemica e radicale sino a includere quella razzista, patriarcale e classista, hanno organizzato il corteo. “Tu qui non ci puoi stare, vattene via”, gli intima una di loro. “Ma come? Mi devo vergognare di essere un uomo… devo essere una bestia per andare in fondo? Ma non siamo uguali?” le risponde il ragazzo col codino. “None, siamo diverse, e la tua è una prepotenza maschile”, replica un’altra. “Mi chiedete di andare dietro, e la chiamate uguaglianza?”” No, noi chiediamo rispetto”, si mette a urlare un’altra. “Ma io sono qui proprio perché vi rispetto”, insiste il ragazzo col codino, che ha l’aria di un idealista un po’ ingenuo”. Niente da fare. “Vattene in fondo al corteo”. E lui di nuovo “E’ ‘na vergogna”. Alla fine, solo l’invito al dibbbatttito riesce a sciogliere la tensione: “Allora domani vieni in assemblea, poni la questione e poi vediamo”, ma intanto sloggia.

Questi i fatti nella loro semplicità. Abbiamo sentito tanti bei proclami, tante dichiarazioni, tante promesse. Abbiamo letto tante belle parole di uomini impegnati in prima linea contro la violenza, pronti a mettere la faccia sul giornale per denunciare abusi e prevaricazioni. Il presidente della Camera, Laura Boldrini, ha riunito 1400 donne nell’aula di Montecitorio per un sermone sull’eguaglianza, la parità, l’educazione. Bisogna andare alle radici. Giustissimo. In Italia non c’è stato lo stesso movimento di opinione che c’è in America, in Francia e altrove. Vero. Perché le donne hanno paura di parlare, di denunciare, e preferiscono per quieto vivere continuare a subire in silenzio la violenza dei maschi. Verissimo.
Un anno fa si rifletteva sugli uomini costretti a sfilare in fondo al corteo. Quest’anno, a Roma, si è fatto un passo avanti: donne contro uomini, parità di genere senza limiti, ma a condizione di soffocare le differenze, di isolare l’uomo, magari condannandolo a priori. E come spot la sceneggiata delle militanti antimaschio, antifascismo e antiviolenza, che intimano di andarsene a un giovanotto inoffensivo, desideroso solo di sfilare in prima linea accanto a loro. 

In vista della prossima giornata contro la violenza di genere, suggerirei di compiere ancora un piccolo sforzo. Finché noi donne non capiamo che la battaglia contro gli abusi, la violenza, la sopraffazione da parte di alcuni uomini, la possiamo vincere solo con gli uomini, e non contro gli uomini, solo se riusciamo a portare gli uomini dalla parte nostra, a averli al nostro fianco, accanto a noi, uniti dalla stessa voglia di cambiare le cose, non servirà a niente organizzare cortei, manifestazioni, sit in, persino convegni a Montecitorio. Saranno solo parole oziose. Un’inutile foglia di fico per coprire l’ubris rivendicazionista, la volontà di potenza, l’ansia di ribellione, legittimando un poterino fine a se stesso, che porta con sé altra violenza e nuove esclusioni, senza riuscire a invertire la rotta, senza servire a liberarci tutti, uomini e donne, da comportamenti inaccettabili. 
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