L'ex ministro Costa: «Abuso d'ufficio, si cambi. Così com'è paralizza il Paese»

L'ex ministro Costa: «Abuso d'ufficio, si cambi. Così com'è paralizza il Paese»
di Valentina Errante
3 Minuti di Lettura
Sabato 9 Settembre 2017, 08:30 - Ultimo aggiornamento: 10 Settembre, 19:14
«Nel Paese dalla burocrazia, dove tra leggi, norme e regolamenti, i riferimenti per gli amministratori sono migliaia, abbiamo il dovere di prendere misure adeguate. Spesso i sindaci sono ostaggio dei dirigenti». Dopo l'intervento del presidente dell'Anac Raffaele Cantone, che sul Messaggero ha ipotizzato una modifica dell'articolo del codice che punisce l'abuso d'ufficio, l'ex ministro per gli Affari regionali, Enrico Costa, plaude alla proposta Cantone e ribadisce che è una priorità per «sbloccare» il Paese.

Da ministro ha dato vita a una commissione di esperti che esaminasse proprio questo problema, come è nata l'idea?
«Ho una particolare sensibilità sulla questione. A sollevare il problema è stata una lettera del sindaco di Catania Enzo Bianco, ma le sollecitazioni sono state trasversali. Gli amministratori mi segnalavano le difficoltà nell'esercizio del loro ruolo, tra queste quelle legate alla norma sull'abuso d'ufficio e, ovviamente, anche a quell'aspetto che ieri ha evidenziato Cantone: il numero di inchieste aperte, che colpiscono mediaticamente gli amministratori, portando alle dimissioni, o comunque a un indebolimento del lavoro, è enorme. Poi però i fascicoli svaniscono. A questo si aggiunge il fatto che basta una condanna in primo grado per determinare la sospensione di un amministratore locale. E quanti casi abbiamo visto di sindaci che si sono dimessi e poi sono stati assolti? Tra l'altro la politica è cambiata: una volta si le opposizioni facevano le interrogazioni, oggi invece presentano esposti nelle procure lasciando che siano i pm a fare le verifiche. Così nascono i fascicoli e i titoli sui giornali. Il tutto è legato a una norma, che possiamo definire ambigua e non chiara».

Qual è, secondo lei, il punto sul quale intervenire?
«L'abuso riguarda la violazione di legge o di regolamenti e sappiamo bene come sono le leggi nel nostro Paese: contraddittorie, confuse, di duplice o triplice interpretazione. Un amministratore si trova ogni giorno davanti a dubbi normativi, chiede pareri anche all'avvocatura, ma in molti casi è anche ostacolo dei dirigenti. Non sempre chi viene eletto ha le competenze giuridiche per andare a fondo nel guazzabuglio normativo. Abbiamo più di 50 mila leggi che si richiamano l'una all'altra, quando si fa riferimento a un simile ginepraio, il dirigente diventa il dominus».

Le modifiche del 97 hanno definito meglio il reato, legandone la configurazione al raggiungimento di un ingiusto vantaggio. Vorrebbe che fosse depenalizzato?
«Penso che questa norma sia meritevole di tutela e garantisca l'interesse collettivo, è necessario però che abbia una sua chiarezza, che l'amministratore sappia se sta commettendo una cosa lecita o no. E invece le leggi possono avere varie letture. L'approccio interpretativo è necessariamente la regola. Anche i Tar, oramai, danno letture altalenanti degli stessi atti. Il problema è che non ci sono norme chiare. Noi siamo il Paese della burocrazia».

Restringere la configurazione dell'abuso d'ufficio risolverebbe il problema della burocrazia?
«No, certamente, ma se in Italia non ci fosse la burocrazia, non ci sarebbe bisogno di rivedere la norma. Penso che ci siano due aspetti della nostra amministrazione che danneggiano il Paese: i tempi lunghi della giustizia, che hanno un ruolo nella paralisi economica, e la burocrazia, che determina la paralisi degli enti locali. Quando un amministratore è chiamato ad assumersi la responsabilità di un atto, nell'incertezza, è portato a fermarsi perché teme un esposto. Così si ferma il Paese».

Non sarebbe meglio abrogare regolamenti e norme?
«La priorità dovrebbe essere questa. Se i presidenti delle camere, anziché sbandierare il numero di leggi approvate, sbandierassero quello di leggi abrogate sarebbe un grande risultato. Tante volte in Consiglio dei ministri, Renzi rimandava indietro i provvedimenti perché erano troppo burocratici. C'è un numero incredibile di norme, decreti legislativi, leggi europee. Ogni anno vengono approvate tra 600 e 700 leggi regionali, ciascuna prevede prescrizioni e, in caso di violazione, l'abuso d'ufficio. Quando ero in commissione per la Semplificazione, avevamo individuato alcune norme obsolete, da abrogare, le abbiamo mandate ai singoli ministeri per chiedere i pareri. La risposta è stata unanime: tutte erano ancora attuali, nessuna abrogazione era possibile».