Napoli, sparatoria e paura tra la gente in centro: due morti

Napoli, sparatoria e paura tra la gente in centro: due morti
di Giuseppe Crimaldi
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Mercoledì 6 Settembre 2017, 17:29 - Ultimo aggiornamento: 8 Settembre, 08:14
La camorra torna a sparare nel cuore di Napoli. In vico Pergola all'Avvocata, quartiere Vicaria, un budello che congiunge il corso Garibaldi con la zona di Foria, a due passi dalla stazione ferroviaria di Napoli, sono stati assassinati Salvatore Dragonetti, 44 anni, ed Edoardo Amoruso, 52 anni, cognato dei fratelli Giuliano, ex boss del Rione Forcella di Napoli. 

 
 


Nel cuore di Sant'Antonio Abate, zona trafficatissima all'ora del raid, sono entrati in azione almeno quattro killer.I sicari sono giunti sul posto in sella a scooter e hanno esploso più di 12 colpi. Amoroso e Dragonetti, che abitavano entrambi in vico Pergola all'Avvocata, sono morti sul colpo.

Amoroso era soggetto all'obbligo di soggiorno ai sensi della legge antimafia e precedenti per armi, droga, evasione e rapina. Dragonetti aveva precedenti per lesioni, contrabbando di sigarette e associazione finalizzata al traffico di tabacchi lavorati esteri. 
 


Sia Dragonetti che Amoroso abitavano nel vicolo dove è scattato il raid. I due sono ritenuti appartenenti al clan dei Mazzarella e questo duplice omicidio potrebbe essere riconducibile allo scontro con i clan rivali dei Contini e Licciardi. Non si esclude anche la pista della faida interna. Le forze dell'ordine e la magistratura, la scorsa notte, hanno assestato un duro colpo a un potente clan della camorra nel vesuviano, quello dei Gionta: dodici persone sono state fermate dai carabinieri a Torre Annunziata, nell'ambito di una vasta indagine sulle attività di capi e affiliati della cosca che avrebbe imposto il pizzo a imprese, commercianti, centri medici dell'area vesuviana, stringendo accordi anche con altri clan per spartizione del territorio.

Almeno venti gli episodi estorsivi ai danni di 14 vittime, tra imprese, esercizi commerciali, società di ormeggi e centri medici, alle quali veniva imposto, in misura variabile in base alla capacità economica, un pizzo fino a 4mila euro mensili. Le quote venivano riscosse grazie a una mappa nella quale erano stati annotati i negozi che dovevano pagare i Gionta e quelli che, invece, «appartenevano» all'altro clan torrese, quello riconducibile ai Gallo-Cavalieri. Le mogli dei detenuti della vecchia guardia, è emerso nel corso dell'attività investigativa, pretendevano un mantenimento «privilegiato»: emblematico, secondo i militari, il caso della consorte di un ergastolano la quale avrebbe rimproverato al clan uno scarso attivismo nella gestione del racket, con grave pregiudizio per lo stipendio di tutti gli affiliati.
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