Milano, ucciso attentatore di Berlino in sparatoria a posto di blocco

Milano, ucciso attentatore di Berlino in sparatoria a posto di blocco
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Venerdì 23 Dicembre 2016, 08:10 - Ultimo aggiornamento: 24 Dicembre, 08:58

È Anis Amri, l'attentatore di Berlino, l'uomo ucciso questa notte nel corso di un conflitto a fuoco con la Polizia a Sesto San Giovanni, il paese alle porte di Milano. Due colpi, di cui uno mortale all'altezza del costato, lo hanno fatto morire in dieci minuti. E' il racconto di Roberto Guida, vice questore aggiunto e a capo del commissariato di Sesto San Giovanni.

La dinamica Sembrava una nottata come un'altra per la volante 'AlfaSesto', di turno nel popoloso centro alle porte di Milano. Ma quello che era partito come un controllo di routine, si è improvvisamente trasformato in uno scontro a fuoco che ha lasciato su terreno il ricercato numero 1 in Europa. Questo il 'film' dell'intervento. Alle 3 della notte scorsa la volante percorre la zona della stazione di Sesto San Giovanni. Alla guida c'è l'agente in prova Luca Scatà; accanto a lui il capopattuglia, l'agente scelto Cristian Movio. L'attenzione degli agenti è attratta da un uomo con uno zainetto sulle spalle, solo, a piazza Primo Maggio, davanti alla stazione. La volante si accosta, Movio scende dall'auto e si avvicina per chiedere i documenti. «Sottoponevano a controllo uno straniero appiedato nei pressi della stazione ferroviaria», si legge nel verbale redatto dal Commissariato di Sesto. L'uomo risponde di non avere il documento con sè, ma di essere di Reggio Calabria. L'accento del soggetto, che appare «tranquillissimo», non convince però il capopattuglia che lo invita a rovesciare il contenuto del suo zainetto sul cofano della volante. A quel punto il tunisino, dopo aver tolto alcuni oggetti per l'igiene personale, «estrae da uno zaino una pistola calibro 22» e spara colpendo Movio alla spalla destra urlando «poliziotti bastardi». L'altro agente, Luca Scatà, risponde al fuoco e centra l'aggressore al costato. Intervengono i rinforzi, vengono subito prestate le prime cure sia al poliziotto ferito che al tunisino rimasto a terra. Ma, dopo alcuni minuti di tentativi di rianimarlo con flebo e sondino per l'ossigeno, l'uomo muore. Nell'immediatezza dell'evento non erano stati fatti collegamenti con il tunisino ricercato per l'azione di Berlino ed il verbale concludeva riferendo che «il soggetto è sprovvisto di documenti e non risulta nell'immediatezza identificabile». Poi la comparazione delle impronte digitali e la scoperta: lo sconosciuto ucciso nel piazzale davanti alla stazione di Sesto era Anis Amri.
 

 

L'identificazione dell'uomo ucciso a Sesto San Giovanni è arrivata sia dai tratti somatici sia dalla comparazione delle impronte.
 

Gli spostamenti del terrorista Dagli accertamenti dalla Digos, coordinati dal capo dell'antiterrorismo milanese Alberto Nobili, Anis Amri, il killer di Berlino, è arrivato in Italia dalla Francia, in particolare da Chambery, in Savoia, da dove ha raggiunto Torino, dove è rimasto quasi tre ore, prima di raggiungere in treno Milano, dove è stato fermaro e ucciso durante la sparatoria. Secondo quanto si apprende da fonti investigative, l'uomo sarebbe arrivato intorno alle 20.30 alla stazione di Porta Susa, da dove sarebbe poi ripartito alla volta della Lombardia alle 23 circa. Sulla sua presenza a Torino sono in corso accertamenti da parte della Digos del capoluogo piemontese.



Anis Amri avrebbe cercato un appoggio logistico momentaneo a Milano con l'obiettivo di nascondersi per qualche tempo e intanto cercare di ottenere documenti contraffatti in modo da tornare a circolare sul territorio grazie ad una falsa identità: è una delle ipotesi, riferiscono all'AdnKronos fonti qualificate, sulle quali si sta lavorando in queste ore per spiegare la presenza di Anis Amri a Sesto San Giovanni.

Da tempo l'attenzione degli investigatori e degli apparati di prevenzione e intelligence si concentra sulla presenza, sia nel capoluogo lombardo che a Napoli, di basi che fanno riferimento al Gruppo Salafita per la Predicazione e il Combattimento. Si cercherà ora di appurare se Amri abbia avuto contatti con qualche cellula in attività in Lombardia. (segue) «Da molto tempo si sospetta che a Milano ci siano basi salafite più o meno strutturate ma comunque in grado di offrire supporto logistico ad elementi attivi in altri Paesi europei. Bisogna chiarire perché Amri sia transitato prima in Francia e poi in Italia piuttosto che tentare di raggiungere direttamente i Balcani per poi far perdere le proprie tracce», commenta all'AdnKronos Gianandrea Gaiani, direttore di 'Analisidifesà, portale specializzato nei temi della sicurezza.

«Non dimentichiamo -osserva- che la polizia tedesca ha cercato un pakistano come sospetto per un giorno intero prima di trovare i documenti di Amri sul camion utilizzato per l'attacco. Un elemento, questo, che suscita qualche perplessità. Altre perplessità, ma questa volta in Italia, le suscita la decisione di diffondere il nome dei poliziotti di pattuglia, esponendoli così al rischio di ritorsioni. Forse l'attentatore è stato costretto a cercare un rifugio momentaneo perché aveva bisogno di una falsa identità, può darsi che per qualche ragione un appoggio logistico in Francia sia stato ritenuto poco sicuro». «Di certo -aggiunge Gaiani- Amri non era un 'lupo solitariò improvvisato, era legato a gruppi estremisti, in particolare ai salafiti presenti nel lander tedesco del Nord Reno-Westfalia, e ha avuto finora già 12 identità diverse. È in Italia che è avvenuta la sua radicalizzazione, con la trasformazione da semplice criminale a jihadista. È presumibile che a Milano cercasse un luogo sicuro dove far perdere le proprie tracce per qualche tempo».

 

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