Nel frattempo, il ministro della Salute Beatrice Lorenzin ha deciso di inviare gli ispettori nelle strutture sanitarie che si sono occupate della vicenda: dovranno accertare se a determinare la morte della donna, 36 anni, abbiano contribuito difetti organizzativi e se siano state rispettate tutte le procedure previste a garanzia della qualità e sicurezza delle cure. Anche la Regione Lombardia ha attivato una propria task force e ha fatto sapere che «dalle prime informazioni raccolte, non sembra evidenziarsi alcun elemento collegabile a negligenze» da parte della Mangiagalli, ricordando anche che la clinica «è il più importante e qualificato punto nascita regionale». Mentre per la famiglia della donna ci sono «lati oscuri e l'indagine li potrà chiarire».
C'è incredulità, invece, oltre a sconcerto e dolore, nel piccolo centro di Grosio (Sondrio), il paese della Valtellina di cui era originaria Claudia, manager in campo assicurativo che viveva da anni a Milano con il compagno 40enne. «Desiderava tanto diventare mamma - ha raccontato un'amica di infanzia - e dopo diversi tentativi di restare incinta andati a vuoto si era affidata alla tecnica della procreazione assistita». Era felice, lo ripeteva al telefono ai genitori Adele e Giuliano, che vivono ancora a Grosio, e al fratello. Dal 13 al 21 aprile scorso, però, era stata ricoverata al San Raffaele per complicazioni anche perchè si trattava di una gravidanza a rischio e quattro giorni dopo era tornata al pronto soccorso dell'ospedale per dolori addominali. Il 26 aprile, poi, si è recata alla clinica Mangiagalli, dotata di strutture specializzate e dove esiste anche un reparto di terapia intensiva neonatale. In questo lungo periodo di ricoveri e accertamenti, tra l'altro, si era fatta visitare anche al pronto soccorso dell'ospedale di Busto Arsizio (Varese). È morta giovedì scorso alla Mangiagalli per un'emorragia gastrica, secondo i primi accertamenti. I medici hanno anche cercato di praticare un cesareo d'urgenza non riuscito.
L'autopsia probabilmente verrà effettuata a metà della prossima settimana, perchè prima il pm Maura Ripamonti dovrà acquisire le cartelle cliniche richieste ai tre ospedali.
Dopo aver individuato i medici che hanno seguito il caso, probabilmente ci sarà l'iscrizione di più persone nel registro degli indagati anche come atto a garanzia per permettere loro di nominare consulenti per seguire gli esami autoptici. Intanto, il procuratore di Milano Pietro Forno, oltre a spiegare che l'indagine è ancora alle fasi preliminari, ha voluto precisare che si tratta della morte di una donna «alla 25ma settimana di gravidanza» e non di un decesso durante il parto. E il San Raffaele ha chiarito che «la dimissione» dall'ospedale «è avvenuta dopo aver accertato l'assenza di patologie generali e di natura ostetrica materno fetale». La famiglia della vittima, infine, come spiega l'avvocato Antonio Sala Della Cuna, «vuole sapere cosa realmente sia accaduto, se si sia trattato di una fatalità o esistano negligenze ed eventuali responsabilità».
© RIPRODUZIONE RISERVATA