Milano, donna morta incinta di due gemelli: pm indaga per omicidio colposo. Lorenzin manda gli ispettori

Milano, donna morta incinta di due gemelli: pm indaga per omicidio colposo. Lorenzin manda gli ispettori
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Sabato 30 Aprile 2016, 13:14 - Ultimo aggiornamento: 2 Maggio, 09:53
Dall'autopsia, prevista per la settimana prossima, potrebbero arrivare le prime risposte utili sul caso di Claudia Bordoni, morta due giorni fa alla clinica Mangiagalli di Milano, dove era ricoverata per complicazioni nel corso della gravidanza scaturita da procreazione medica assistita che era stata effettuata all'ospedale San Raffaele. La Procura milanese, infatti, ha aperto un'inchiesta per omicidio colposo e presto manderà una serie di informazioni di garanzia ad altrettanti indagati per verificare eventuali responsabilità dei medici nel decesso della donna incinta al sesto mese di due gemelle che non sono sopravvissute.

Nel frattempo, il ministro della Salute Beatrice Lorenzin ha deciso di inviare gli ispettori nelle strutture sanitarie che si sono occupate della vicenda: dovranno accertare se a determinare la morte della donna, 36 anni, abbiano contribuito difetti organizzativi e se siano state rispettate tutte le procedure previste a garanzia della qualità e sicurezza delle cure. Anche la Regione Lombardia ha attivato una propria task force e ha fatto sapere che «dalle prime informazioni raccolte, non sembra evidenziarsi alcun elemento collegabile a negligenze» da parte della Mangiagalli, ricordando anche che la clinica «è il più importante e qualificato punto nascita regionale». Mentre per la famiglia della donna ci sono «lati oscuri e l'indagine li potrà chiarire».

C'è incredulità, invece, oltre a sconcerto e dolore, nel piccolo centro di Grosio (Sondrio), il paese della Valtellina di cui era originaria Claudia, manager in campo assicurativo che viveva da anni a Milano con il compagno 40enne. «Desiderava tanto diventare mamma - ha raccontato un'amica di infanzia - e dopo diversi tentativi di restare incinta andati a vuoto si era affidata alla tecnica della procreazione assistita». Era felice, lo ripeteva al telefono ai genitori Adele e Giuliano, che vivono ancora a Grosio, e al fratello. Dal 13 al 21 aprile scorso, però, era stata ricoverata al San Raffaele per complicazioni anche perchè si trattava di una gravidanza a rischio e quattro giorni dopo era tornata al pronto soccorso dell'ospedale per dolori addominali. Il 26 aprile, poi, si è recata alla clinica Mangiagalli, dotata di strutture specializzate e dove esiste anche un reparto di terapia intensiva neonatale. In questo lungo periodo di ricoveri e accertamenti, tra l'altro, si era fatta visitare anche al pronto soccorso dell'ospedale di Busto Arsizio (Varese). È morta giovedì scorso alla Mangiagalli per un'emorragia gastrica, secondo i primi accertamenti. I medici hanno anche cercato di praticare un cesareo d'urgenza non riuscito.

L'autopsia probabilmente verrà effettuata a metà della prossima settimana, perchè prima il pm Maura Ripamonti dovrà acquisire le cartelle cliniche richieste ai tre ospedali.
Dopo aver individuato i medici che hanno seguito il caso, probabilmente ci sarà l'iscrizione di più persone nel registro degli indagati anche come atto a garanzia per permettere loro di nominare consulenti per seguire gli esami autoptici. Intanto, il procuratore di Milano Pietro Forno, oltre a spiegare che l'indagine è ancora alle fasi preliminari, ha voluto precisare che si tratta della morte di una donna «alla 25ma settimana di gravidanza» e non di un decesso durante il parto. E il San Raffaele ha chiarito che «la dimissione» dall'ospedale «è avvenuta dopo aver accertato l'assenza di patologie generali e di natura ostetrica materno fetale». La famiglia della vittima, infine, come spiega l'avvocato Antonio Sala Della Cuna, «vuole sapere cosa realmente sia accaduto, se si sia trattato di una fatalità o esistano negligenze ed eventuali responsabilità».
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