Migranti, Amnesty accusa l'Italia: «Torture ed espulsioni illegali». Morcone e Ue: «Falsità»

Migranti, Amnesty accusa l'Italia: «Torture ed espulsioni illegali». Morcone e Ue: «Falsità»
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Giovedì 3 Novembre 2016, 08:46 - Ultimo aggiornamento: 4 Novembre, 17:15

E' polemica dopo il rapporto di Amnesty International sugli hotspot italiani, secondo il quale le pressioni dell'Ue affinché l'Italia usi la 'mano dura' nei confronti dei migranti e la necessità di rilevare «a ogni costo» le impronte digitali a chi arriva nel nostro Paese hanno determinato espulsioni illegali e maltrattamenti che, in alcuni casi, si possono considerare torture. E' la dura denuncia contenuta nel rapporto di Amnesty International «Hotspot Italia: come le politiche dell'Unione europea portano a violazioni dei diritti di rifugiati e migranti».

Netta la replica del prefetto Mario Morcone, capo Dipartimento immigrazione del Viminale: «Che le forze di polizia operino violenza sui migranti è totalmente falso. Sono rimasto sconcertato nel leggere queste cretinaggini», ha detto alla Camera, nel corso della presentazione di un libro. «Amnesty - ha aggiunto - costruisce i suoi rapporti a Londra, non in Italia».

A smentire è intervenuta anche la Commissione europea alla quale 
«non risulta - afferma Natasha Bertaud - che negli hot spot italiani si sia verificata alcuna delle violazioni dei diritti fondamentali dei migranti. Non ci è stato riportato nulla di tutto ciò». «Le informazioni di cui si avvale il rapporto di Amnesty International fanno riferimento a presunte testimonianze raccolte in forma anonima di migranti che non risiedevano in alcun hot spot - ha fatto eco il capo della Polizia, Franco Gabrielli - Pertanto, a tutela dell'onorabilità e della professionalità dei tanti operatori di
polizia che con abnegazione e senso del dovere stanno affrontando da lungo tempo questa emergenza umanitaria, smentisco categoricamente che vengano utilizzati metodi violenti sui migranti sia nella fase di identificazione che di
rimpatrio». 


Secondo il rapporto, il cosiddetto «approccio hotspot», promosso dall'Ue per identificare migranti e rifugiati al momento dell'arrivo, non solo ha compromesso il loro diritto a chiedere asilo ma ha anche alimentato «agghiaccianti episodi di violenza»: Amnesty ha raccolto testimonianze di pestaggi, uso di manganelli elettrici e qualche caso di umiliazioni sessuali. L'approccio hotspot, adottato per prendere le impronte digitali delle persone che arrivano nei paesi di frontiera dell'Unione, come l'Italia, prevede una veloce valutazione dei loro bisogni di protezione e, a seconda dei casi, l'avvio della procedura d'asilo o il ritorno nei paesi di origine: il rapporto, basato su oltre 170 interviste a rifugiati e migranti, rivela «gravi lacune» in ciascuna di queste fasi. Amnesty ha ricevuto denunce «coerenti e concordanti» di arresti arbitrari, intimidazioni e uso eccessivo della forza fisica per costringere uomini, donne e anche bambini appena arrivati a farsi prendere le impronte digitali.

«Determinati a ridurre il movimento di migranti e rifugiati verso altri Stati membri, i leader Ue hanno spinto le autorità italiane ai limiti, e talvolta oltre i limiti, della legalità» afferma il curatore del rapporto, Matteo de Bellis. «Il risultato è che persone traumatizzate, arrivate in Italia dopo esperienze di viaggio strazianti, vengono sottoposte a procedure viziate e in alcuni casi a gravi violenze da parte della polizia, così come a espulsioni illegali» aggiunge.

Su 24 testimonianze di maltrattamenti raccolte, in 16 si parla di pestaggi. Una donna di 25 anni proveniente dall'Eritrea ha riferito che un agente di polizia l'ha ripetutamente schiaffeggiata sul volto fino a quando non ha accettato di farsi prendere le impronte digitali. In alcuni casi, migranti e rifugiati hanno denunciato di essere stati colpiti con bastoni elettrici. Questa è la testimonianza di un ragazzo di 16 anni originario del Darfur: «Mi hanno dato scosse con il manganello elettrico diverse volte sulla gamba sinistra, poi sulla gamba destra, sul torace e sulla pancia. Ero troppo debole, non riuscivo a fare resistenza e a un certo punto mi hanno preso entrambe le mani e le hanno messe nella macchina per le impronte».

Due testimonianze, di un sedicenne e di un uomo di 27 anni, riferiscono di umiliazioni sessuali. Amnesty sottolinea come nella maggior parte dei casi il comportamento degli agenti di polizia rimanga professionale e la vasta maggioranza delle impronte digitali sia presa senza incidenti, ma le conclusioni del rapporto mettono in luce la necessità di un'indagine indipendente sulle prassi utilizzate. L'organizzazione umanitaria critica anche le procedure di screening per separare i richiedenti asilo dai migranti irregolari, affidate a «brevi interviste» effettuate da agenti delle forze dell'ordine «che non hanno ricevuto una formazione adeguata e sono chiamati a prendere una decisione sui bisogni di protezione delle persone che hanno di fronte».

Nel mirino di Amnesty, infine, le espulsioni: «sotto le pressioni dell'Ue, l'Italia sta cercando di aumentare il numero dei migranti rinviati nei paesi di origine, anche negoziando accordi di riammissione con paesi le cui autorità hanno commesso terribili atrocità» come, ad esempio il Sudan. «Le autorità italiane devono porre fine a queste violazioni e assicurare che le persone non saranno respinte verso paesi dove rischiano persecuzione e tortura» conclude de Bellis.

L'organizzazione non accenna a fare marcia indietro dopo le varie smentite: 
«Siamo dispiaciuti per i toni e per il
contenuto di alcune reazioni alla pubblicazione del rapporto, descritto come un insieme di "cretinaggini" e di "falsità" costruite a Londra e non in Italia - dichiara in una nota - Il rapporto in questione è, al contrario, un lavoro di ricerca molto serio, frutto di centinaia di ore di colloqui con rifugiati e migranti, autorità e operatori di organizzazioni non governative svoltisi in dieci diverse città italiane.

Le informazioni incluse nel rapporto sono state messe a disposizione delle nostre autorità con largo anticipo sulla data di pubblicazione affinché avessero modo di commentarle». 

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