Mafia capitale, procura chiede archiviazione per presidente Regione Lazio

Mafia capitale, procura chiede archiviazione per presidente Regione Lazio
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Mercoledì 5 Ottobre 2016, 20:29 - Ultimo aggiornamento: 6 Ottobre, 16:06
Il 19 ottobre dovrà comparire come testimone, citato dalla difesa di Salvatore Buzzi, nel processo a Mafia Capitale, e in quella sede il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti potrebbe avvalersi della facoltà di non rispondere perché indagato nella stessa maxi-inchiesta. Per lui la Procura ha comunque sollecitato al gip l'archiviazione. La decisione del giudice dovrebbe arrivare nelle prossime settimane, ma dell'indagine a carico dell'esponente Pd, finora, nulla era trapelato: «Ho appreso dalle agenzie di stampa - si legge in una nota diffusa in serata dal governatore - che la Procura di Roma ha svolto delle indagini a seguito delle accuse che mi vennero rivolte da Salvatore Buzzi, che io querelai. Ora, dopo le doverose indagini compiute, la Procura ha chiesto l'archiviazione in attesa del pronunciamento del Gip. Continuo sereno la mia attività - conclude Zingaretti - e ringrazio la Procura per la serietà con cui ha svolto i dovuti accertamenti». Nei confronti del governatore i pm di piazzale Clodio contestavano i reati di concorso in corruzione e tentata turbativa d'asta. Il primo reato riguardava due episodi, uno avvenuto prima del 2011 e l'altro nel 2013. La turbata libertà degli incanti si riferisce invece a un episodio del 2014.

Il nome di Zingaretti era finito nel registro degli indagati dopo alcune dichiarazioni fatte da Salvatore Buzzi, ras delle coop romane, negli interrogatori resi nel giugno e nel luglio del 2015. In quell'occasione Buzzi, riportarono i media, citò il nuovo palazzo della Provincia, e sostenne che Luca Odevaine gli avrebbe riferito che in quella vicenda avrebbero preso soldi due collaboratori del governatore e un imprenditore per suo conto. Buzzi avrebbe inoltre citato anche la gara miliardaria della multiservizi regionale. Alla luce delle parole di Buzzi gli inquirenti hanno allora effettuato verifiche che hanno evidenziato la «natura 'de relatò di parte delle dichiarazioni, l'assenza di riscontri - è detto nella richiesta di archiviazione - la genericità di altra parte delle sue affermazioni che non possono configurare ipotesi di reato». Gli episodi di corruzione, su cui i magistrati non hanno trovato alcun riscontro, riguardano presunte dazioni di denaro, destinate a uno stretto collaboratore di Zingaretti, destinato a finanziare la campagna elettorale e denaro versato per l'operazione legata all'acquisto della sede della Provincia, oggetto di una gara di appalto ad hoc. Per quanto riguarda la turbativa d'asta è relativa alla gara per il servizio Cup istituita nel 2014 dalla Regione Lazio. Per questa vicenda lo scorso luglio è stato assolto l'ex capo di gabinetto di Zingaretti Maurizio Venafro.

Il governatore riferì sulla vicenda anche in Consiglio regionale: il palazzo della Provincia «fu spending review, mai ricevuti benefici», sulla gara Cup negò «nel modo più assoluto» la presenza di «accordi spartitori» con l'opposizione; nella stessa occasione negò di aver promosso una raccolta fondi per la campagna elettorale di Ignazio Marino.
Allora il M5s ne chiese le dimissioni «se è estraneo ai fatti e non sa cosa combinano i suoi fiduciari». «Quando andrà a testimoniare - afferma oggi il capogruppo pentastellato Devid Porrello - non usi questa indagine a suo carico per sfruttare la facoltà di non rispondere e faccia chiarezza su quanto i giudici vogliono ascoltare su Mafia Capitale». Rispetto al caso di Paola Muraro, l'assessore capitolino ai Rifiuti sulla graticola da molte settimane, «per lei si è venuto a sapere che c'era una indagine a suo carico, mentre invece per Zingaretti abbiamo dovuto aspettare una richiesta di archiviazione. Se Zingaretti non può fare chiarezza sulla sua vita giudiziaria, ci chiediamo come possa fare trasparenza in Regione».
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