Loris, strangolato mentre aveva i polsi legati, L'auto della madre 6 minuti vicino al Mulino

Loris, strangolato mentre aveva i polsi legati, L'auto della madre 6 minuti vicino al Mulino
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Domenica 7 Dicembre 2014, 10:23 - Ultimo aggiornamento: 19:29

dal nostro inviato

Nino Cirillo

SANTA CROCE CAMERINA (Ragusa) - Loris Stival, otto anni, alunno della terza elementare della «Falcone e Borsellino», appassionato di takewondo, è stato ucciso, strangolato, mentre aveva i polsi legati.

Lo dice l’autopsia: rivela solo tracce «esterne» su quei polsi, come se una sola fascetta - un’altra di quelle maledette fascette elettriche che sembrano spuntare dappertutto sulla scena di questo delitto - lo abbia costretto a non usare le braccia, gli abbia impedito di difendersi.

E così, a una settimana dal ritrovamento del corpo, il pendolo delle indagini continua a oscillare, cercando una volta i segni del delitto simbolico, dell’accurata messa in scena, e un’altra, invece, le tracce dell’omicidio d’impeto.

Una lite, una minaccia, la decisione di accanirsi su di lui magari senza neanche volerlo uccidere davvero. Cosa sarà davvero accaduto? Quale mano ha stretto la fascetta elettrica attorno al collo di Loris - un altra fascetta, sì -, una di quelle che attorno al collo di un bambino, con una pressione di appena cinque chilogrammi, può ucciderlo in quindici secondi?

LE BUGIE

Tutta Italia lo sa, ormai. Tutti sanno che la mamma di Loris, Veronica Panarello, 25 anni soltanto, ha detto un sacco di bugìe. Che non l’ha mai accompagnato a scuola quella mattina, che l’ha lasciato tornare a casa per poi rientrare lei stessa - come testimoniano le telecamere, una giungla di telecamere - alle 8.49 in punto dopo aver lasciato all’asilo Diego, il figlio più piccolo. E che ne è riuscita, al volante di una Polo nera, solo 36 minuti dopo, alle 9.25. Trentasei minuti che solo lei, se un giorno vorrà, potrà raccontare.

Ma Veronica, per la Procura della Repubblica di Ragusa, non è neppure un’indagata. L’hanno ascoltata due volte in Questura e per due volte l’hanno riaccompagnata a casa, Dove presumibilmente rimarrà - almeno ad ascoltare i meglio informati - per tutto il weekend.

Tutto questo non esclude che nel frattempo Carabinieri e Polizia gli stiano scavando una specie di vuoto intorno. L’attenzione a questo punto, è concentrata su sei banalissimi minuti, trecentosessanta stupidi secondi di quel sabato mattina. Perché «alle 9.27.08» la Polo nera di Veronica viene fissata dalla telecamera di una stazione di servizio all’uscita del paese e alle 9.36, nove minuti dopo, da un’altra telecamera, quasi dalla parte opposta di Santa Croce.

I carabinieri del maggiore Coassin, che comanda la compagnia di Ragusa, si son fatti questo tragitto non una ma più volte, e hanno sempre impiegato tra le due telecamere soltanto tre minuti. Perché quei sei minuti in più? Non staremmo qui a riferirne se proprio a metà strada di questo tragito non ci fosse il bivio che porta al Mulino Vecchio, dove il corpo senza vita del piccolo Loris, sette ore più tardi, sarebbe stato ritrovato. E se proprio a attorno a quest’ora - le nove e mezza, le dieci - l’autopsia non ne stabilisse la morte. Come può, la giovane donna, giustificare quei sei minuti?

Dicono che Veronica, ieri mattina, abbia urlato dal suo balcone: «Sono innocente, andate via». Ma non ci sono immagini, sembra solo il replay della scena di qualche giorno fa. Raccontano che a tre chilometri da casa sua un passante abbia rivenuto una fascetta elettrica, come se a ogni fascetta si dovesse rifare il punto delle indagini. Sono i segni di una stupida frenesia, ma anche di una comprensibile attesa della verità.