Giustizia, «l'Italia ha pagato un miliardo per processi troppo lenti»

Giustizia, «l'Italia ha pagato un miliardo per processi troppo lenti»
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Venerdì 23 Febbraio 2018, 00:27 - Ultimo aggiornamento: 24 Febbraio, 09:10
Lunghe indagini e processi lenti costano all'Italia risarcimenti e richiami da parte dell'Europa. Sono 968 mila circa i processi che superano i limiti della ragionevole durata (tre anni per il primo grado, altri due per l'appello e un anno in Cassazione): oltre 345 mila nel penale e quasi 623 mila nel civile al 30 settembre scorso, secondo i dati del ministero della Giustizia. Da quando è in vigore la legge Pinto, che sanziona la durata eccessiva, lo Stato ha avuto condanne per quasi un miliardo di euro.

 La legge fissa la tempistica delle indagini preliminari - non oltre due anni per i reati gravi - ma bastano nuovi elementi, in astratto, per continuarle all'infinito. Se il magistrato si trasferisce il fascicolo viene riassegnato e si riparte da zero. «Quella legge è in parte inapplicata, non c'è nessun impedimento, di fatto, per trattenere un fascicolo anni e anni negli armadi», spiega Stefano Savi consigliere del Consiglio nazionale forense. Una fase "nascosta" all'indagato che «spesso viene a conoscenza di un'inchiesta solo quando riceve un avviso di proroga delle indagini. È un metodo barbaro che ritarda la possibilità di trovare prove a difesa».

La fase preliminare è lo scalino prima dei tre gradi di giudizio che si traducono in 2.000 giorni da imputato, pari a 5 anni e 4 mesi. In media un processo penale davanti al tribunale dura 707 giorni (534 per rito monocratico), 901 per quello d'appello, un anno per la Cassazione. Per una causa civile il primo grado è di 935 giorni in media, 709 per l'appello, 365 per essere giudicati in via definitiva. «Sono numeri fuori da qualsiasi comparazione europea e della civiltà», per il rappresentante del Cnf. Guido Bertolaso è stato assolto dal tribunale dopo 8 anni, stessa attesa per Silvio Scaglia, fondatore di Fastweb. Clemente Mastella ne ha aspettati nove, 22 anni di carcere per Giuseppe Gulotta, le vittime del G8 di Genova sono in attesa di un risarcimento civile dopo 17 anni.


Il carico di arretrato è di 3 milioni i processi da smaltire nel civile, oltre 1,5 milioni nel penale. «C'è un evidente sproporzione tra il contenzioso e le forze in campo. Dal 2006 l'organico dei magistrati non è mai stato coperto, talvolta si è arrivati anche sotto le 9 mila unità, abbiamo fatto i conti con la mancanza di 9 mila amministrativi. Assenze che hanno influito sui tempi: in alcuni casi il passaggio dal primo grado all'appello, che consiste nel far fare al fascicolo solo pochi piani dello stesso edificio, sono trascorsi anche due anni», spiega Eugenio Albamonte presidente dell'Associazione nazionale magistrati.

Depenalizzazione, processo telematico, riorganizzazione degli uffici sono gli strumenti su cui investire, ma «l'efficienza non può essere a discapito delle garanzie», secondo il rappresentante del Cnf. Per l'Anm «l'appello è la vera strettoia da ripensare. Basta una legge ordinaria per cancellare il secondo grado di giudizio e lasciarlo solo per i fatti più gravi. Tre processi per una lite condominiale sono un dispendio di risorse, su questo il governo è stato meno coraggioso di quanto abbiamo sperato». Per il sottosegretario alla giustizia Cosimo Ferri «In questi anni abbiamo fatto una serie di riforme che hanno riguardato il rispetto delle garanzie e dei tempi. Non sono ancora completamente soddisfatto dei risultati raggiunti, anche se importanti. Penso si possa continuare a investire per avere una risposta rapida e giusta di giustizia». Le imprese spendono 3 miliardi ogni anno solo per i contenziosi lavorativi. Un caso per licenziamento si chiude mediamente in 2-3 anni per il primo grado.

Per il Tribunale delle imprese, il tempo per la sentenza è di 970 giorni nel 2016, contro gli 870 giorni del 2015.
La lentezza costa al Paese almeno 40 miliardi di euro. Secondo uno studio Cer-Eures, se i tempi della nostra giustizia fossero pari a quelli tedeschi, si registrerebbe un aumento aggiuntivo di quasi 2,5 punti del Pil e di 1.000 euro di reddito pro-capite, ma anche la riduzione del tasso di disoccupazione di mezzo punto, per un recupero di circa 130 mila occupati
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