In Italia ventimila poligami, ma la legge non può punirli

In Italia ventimila poligami, ma la legge non può punirli
di Valeria Arnaldi
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Domenica 14 Agosto 2016, 10:26 - Ultimo aggiornamento: 15 Agosto, 16:55

Fino a quattro. Tante sono le mogli che può sposare un musulmano. Lo stabilisce il Corano. E il precetto religioso, ovviamente, vale senza confini geografici. Non stupisce dunque che, di fatto, a seguito della forte immigrazione islamica, la poligamia sia entrata in Europa, moltiplicando rapidamente casi e famiglie. Secondo il Gatestone Institute, in Gran Bretagna ad oggi ci sarebbero almeno 20mila unioni poligamiche, numero che la Francia aveva già raggiunto nel 2006. Non meno significativi i numeri italiani. Erano settemila le unioni con più mogli ritenute accertate nel 2009. Ma, secondo le stime del Centro Averroè, confermate da Acmid-Donna (Associazione donne marocchine in Italia), erano salite a 14.500 nel 2013. Fino ad arrivare alle ventimila di oggi. Stimate. Dati ufficiali, infatti, non esistono.

LA LEGGE
I matrimoni poligamici, per la legge italiana, sono reati, ma esistono di fatto perché le unioni celebrate in moschea non devono necessariamente essere registrate civilmente. Valide a tutti gli effetti per i musulmani, non lo sono per lo Stato italiano che vede solo le nozze registrate in Comune. A questi casi vanno aggiunti i matrimoni temporanei, istituto della legge islamica che prevede l'unione segreta tra i coniugi davanti a testimoni e notaio. Senza dimenticare il sommerso di quanti preferiscono mantenere sotto riserbo la poligamia, soprattutto tra gli italiani convertiti che erano circa 70mila secondo l'Ucoii nel 2012, con un ritmo medio di crescita di 4000 l'anno, per un totale stimato, quindi, oggi, di oltre 85mila.
 
DISSENSO SUI NUMERI
A ridimensionare i numeri dei poligami pensa la Comunità del Mondo Arabo in Italia, che però, ridefinendo la questione, solleva nuove problematiche e ambiguità. «Secondo i nostri dati, due anni fa circa, le unioni poligamiche per fede presenti in Italia erano al massimo cinquemila, perlopiù concentrate in Emilia Romagna, Veneto, Lazio, Sicilia e Sardegna - spiega il presidente Foad Aodi - bisogna stare bene attenti a non confondere i matrimoni per fede, reali, con quelli per interesse, di quei musulmani che già sposati nel loro Paese, celebrano poi le nozze con un'italiana per poter lavorare qui. La maggior parte delle unioni miste viene celebrata tra uomini già sposati nel paese d'origine con donne che non sanno nulla della prima moglie. La poligamia reale, per fede, ribadisco, è un'altra cosa e i dati non sono così alti. I musulmani non vogliono il riconoscimento della poligamia, a chiederlo sono quelli che all'islam si sono convertiti successivamente».

Nei giorni scorsi, a chiederne il riconoscimento come diritto civile, è stato Hamaz Roberto Piccardo, ex-dirigente Ucoii, che ha lanciato la proposta, comparando il fenomeno alle unioni omosessuali e sottolineandone l'utilità sociale per «l'azione demografica della poligamia che riequilibrerebbe in parte il calo» di nascite. Una provocazione, secondo molti. Una questione di eguaglianza, secondo Piccardo e quanti sulle sue pagine social hanno continuato a sostenerne la posizione, tra stranieri e italiani.

La poligamia, per la legge del Corano, deve essere autorizzata dalla prima moglie. La realtà, però, racconta - molte - storie diverse. La relazione 2014/2015 del numero verde antiviolenza sulle donne Mai più sola, gestito da Acmid-Donna, registra l'1,2% di chiamate per matrimoni forzati e l'1,8% per problematiche inerenti la poligamia. Cifre in ribasso rispetto al 2012, quando su questi temi si registravano rispettivamente il 9% e il 4% delle telefonate ma il motivo della riduzione sarebbe da individuare nelle limitazioni introdotte dalle leggi marocchine nel 2014, che hanno reso più complicate determinate forzature. Le storie di violenza non mancano e hanno come protagoniste, spesso, proprio le spose italiane. Il codice penale prevede una condanna da uno a cinque anni di detenzione per un bigamo e aumenta la pena «se il colpevole ha indotto in errore la persona, con la quale ha contratto matrimonio, sulla libertà dello stato proprio o di lei».

I PROCESSI
Il tribunale però non sempre aiuta. Le unioni non celebrate civilmente non vengono riconosciute e se quelle registrate sono state contratte all'estero nei Paesi nei quali la poligamia è ammessa, l'esito non cambia. È il caso di un uomo di Tarcento, nel friulano, che avendo contratto due matrimoni in altre nazioni, dal tribunale italiano nel 2014 è stato ritenuto bigamo ma non punibile perché il reato era stato compiuto in altri Paesi. In Italia solo consumato.

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