Isis, macedone fermato a Mestre per terrorismo: reclutava mujaheddin. Tre foreign fighters dall'Italia, 2 morti

Isis, macedone fermato a Mestre per terrorismo: reclutava mujaheddin. Tre foreign fighters dall'Italia, 2 morti
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Venerdì 26 Febbraio 2016, 08:39 - Ultimo aggiornamento: 28 Febbraio, 15:43

I carabinieri del Ros hanno fermato a Mestre, su disposizione della procura di Venezia, un cittadino macedone indagato per aver reclutato aspiranti mujaheddin che un imam bosniaco avrebbe successivo radicalizzato, arruolato nell'Isis e avviato verso i teatri di guerra mediorientali.

Il fermato si chiama Ajhan Veapi, ed è domiciliato ad Azzano Decimo (Pordenone), nella frazione di Tiezzo. Veapi è indagato per arruolamento con finalità di terrorismo anche internazionale (art. 270 quater c.p.). Secondo gli investigatori, l'uomo era in procinto di lasciare l'Italia per raggiungere la Serbia e, successivamente, la Germania.

Il provvedimento di fermo e perquisizione del macedone scaturisce da elementi raccolti nell'ambito dell'attività investigativa svolta dal Ros per il contrasto del radicalismo di matrice islamista. In particolare, il monitoraggio dello straniero fermato ha appunto consentito di verificare come questi fosse dedito alla selezione e al reclutamento, in Italia, di aspiranti terroristi, che venivano poi affidati all'imam bosniaco che si occupava del loro arruolamento tra le fila dell'Isis e del loro espatrio verso le aree di guerra. Dallo stesso contesto investigativo sono anche state raccolte le informazioni che avevano portato, tempo fa, all'espulsione per motivi di prevenzione del terrorismo, da parte del ministro dell'Interno, dei cittadini macedoni Arslan Osmanoski e Redjep Lijmani, mentre il decreto a carico del marocchino Jaffar Anass non è stato eseguito in quanto l'uomo si troverebbe in Marocco. I particolari dell'operazione verranno resi noti nel corso di una conferenza stampa che si terrà, alle ore 11.30, presso il comando provinciale carabinieri di Venezia.

La stessa indagine ha consentito di documentare la partenza dall'Italia verso la Siria di tre foreign fighters: si tratta - riferiscono gli investigatori - di tre cittadini macedoni e bosniaci, due dei quali sarebbero stati uccisi combattendo tra il 2013 e il 2014 mentre il terzo si troverebbe tuttora nelle zone di guerra.

L'operazione del Ros è scaturita dalle indagini su una serie di soggetti, residenti nel nordest e originari dell'area balcanica, che avrebbero dato vita a una rete di predicazione e reclutamento di «foreign fighter»: tra questi Ismar Mesinovic, bosniaco che risiedeva nel bellunese, ucciso in Siria nel gennaio 2014 dopo aver portato con se il figlioletto di tre anni, Ismail, di cui si sono perse le tracce. È dello scorso 14 gennaio l'ultimo appello in tv della madre del bambino, Lidia Solano Herrera: «Voglio chiedere a quelli che hanno mio figlio di restituirmelo, dovere capire che lui deve stare con me», ha implorato la donna davanti alle telecamere di «Chi l'ha visto?».

La scomparsa di Ismail risale alla fine del 2013, quando Mesinovic disse di volerlo portare in visita dai nonni paterni in Bosnia, mentre lo avrebbe condotto in Siria, dove lui si è arruolato tra le file dei fondamentalisti dell'Isis, rimanendo ucciso ad Aleppo in combattimento. Oltre un anno fa fece scalpore una foto, in circolazione su internet, nella quale un miliziano dell'Isis teneva in braccio un bambino che qualcuno ha identificato nel piccolo Ismail, ma ad avviso della procura di Belluno - che conduce un'inchiesta sulla vicenda - non ci sarebbero elementi per ritenere che sia proprio lui. Un responso dato anche all'esito di una serie di accertamenti tecnici, comprese comparazioni morfologiche del viso. Sta di fatto che i carabinieri del Ros che indagano sulla scomparsa sono riusciti a risalire alle persone che hanno avuto a che fare con il bambino dopo il «rapimento» da parte del padre, comprese quelle che in Siria si occuperebbero tuttora di lui. Ma le indagini sono condotte nel massimo riserbo e, allo stato, non si conoscono particolari.

Il comandante generale dei Ros Giuseppe Governale esclude che Ajahn Veapi, il macedone fermato oggi a Mestre, fosse una cosiddetta 'cellula dormientè. «Con questa indicazione - ha precisato l'alto ufficiale - ci riferiamo a quanti vanno ad addestrarsi all'estero, soprattutto in Siria, vengono istruiti e poi ritornano nei loro paesi continuando a svolgere una vita apparentemente normale. Sono personaggi però pronti a muoversi e ad entrare in azione quando ricevono precise disposizioni». «Veapi non era certo uno che passava sottotraccia. Pur non avendo un lavoro ufficiale era sempre in movimento con molti interessi anche all'estero. Quando è stato fermato a Mestre dalla polizia giudiziaria stava per partire per la Serbia per trasferirsi successivamente in Germania». Il tipo di proselitismo messo in atto dal macedone, secondo i militari del Ros era di tipo territoriale. «Diverso cioè - ha sottolineato Governale - da quello attraverso il web operato dai jhiadisti fermati a Merano nel novembre scorso. L'attività di convincimento di Veapi passava attraverso i centri di preghiera che nella maggior parte dei casi sono legittimamente dedicati appunto alla preghiera ma in altri possono nascondere cittadini fragili che possono essere plagiati passando da islamici a islamisti. Gli investigatori chiedono sempre la collaborazione dei responsabili dei centri che spesso la offrono ma in alcuni casi no».

Ajahn Veapi sarebbe il braccio destro del 'grande burattinaio' dell'Isis in Europa, Husein Bosnic, imam itinerante bosniaco attualmente in carcere in Bosnia. «Bosnic - prosegue Governale - era il vertice del reclutamento, un vero e proprio ideologo della lotta armata jhadista che si prefiggeva la creazione di uno stato islamico nei Balcani. Proprio per questo - ha precisato l'alto ufficiale - si serviva di alcune persone di origine balcanica per fidelizzare all'Isis e inviare in zone di combattimento.

Tra questi Yeapi era divenuto il suo referente per l'Italia nord-orientale».

Il pm. Definisce Ajhan Veapi «uno dei reclutatori Isis tra i più attivi dell'Italia del Nordest» il procuratore aggiunto della Procura di Venezia Adelchi Ippolito che guida l'indagine sul fermo del macedone bloccato oggi a Mestre. Ippolito ha confermato che l'attuale inchiesta ha preso il via dalle indagini relative all'allontanamento dalla sua casa di Ponte nelle Alpi, assieme a suo figlio di 2 anni, alla fine del 2013 dell'imbianchino Ismar Mesinovic bosniaco morto nel corso di un combattimento in Siria nel gennaio 2014. «Grande merito - ha aggiunto il magistrato - va al comando provinciale dei carabinieri di Belluno che hanno immediatamente attivato il Ros. Il Reparto Operativo attraverso il monitoraggio dei centri di preghiera ha individuato personaggi centrali nella vicenda bellunese a cominciare dal marocchino Anass Jaffar, 27 anni, considerato il primo responsabile dell'indottrinamento di Mesinovic». Ippolito ha ricordato quindi che il Ros aveva accertato l'attività di «predicatore mediatico» di Jaffar che aveva pubblicato sui social network una sorta di inno dedicato all'italiano Giuliano Delnevo da lui definito 'martirè per essere morto in territorio siriano. «È intuibile - ha concluso il magistrato - come questa indagine sia delicata e impegnativa e irta di difficoltà anche per il Ros che vi lavora da tre anni».

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