Se l’inferno non è in periferia, ma nel cuore della Capitale

di Michele Masneri
3 Minuti di Lettura
Mercoledì 6 Luglio 2016, 00:43
Quanta letteratura, quanto immaginario (anche tanto déjà vu) nella morte tremenda del povero giovane americano nel Tevere. 

Diversi filoni letterari e cronachistici: l’ennesimo di una serie, certamente; ogni tanto, studenti stranieri che cascano da muri, talvolta nel fiume, quasi sempre imbottiti di alcol, tanto che il giovane ubriaco pare una variante di un “topos” celebre e antico, l’Americano a Roma, lo studente di università preferibilmente “ivy league”, che prepara in Europa il suo Grand Tour prima di adempiere a colossali responsabilità ereditarie in patria. Da Henry James in poi, passando per Patricia Highsmith di Il talento di Mr. Ripley, che nella sua trasposizione cinematografica mostra un giovane sociopatico che uccide l’amico molto liquido e si sostituisce a lui, continuando a cambiare i suoi travel cheque all’American Express di piazza di Spagna.

Proprio come è successo nei giorni scorsi a Roma: anche lì, la carta di credito del malcapitato è stata usata ancora per giorni dopo la morte. Con la differenza che sotto accusa, o almeno ascoltati dagli inquirenti, sono disgraziati senzatetto che vivono accampati sulle sponde del Tevere, e qui il mito letterario dell’Americano a Roma va aggiornato ai tempi del degrado, un degrado a chilometri zero, tra l’altro, non i degradi delle periferie già pasoliniani e poi rinfrescati da Walter Siti e suoi derivati, degradi da Roma-Centro.

Una Roma notturna e oscura da quadro di Caravaggio, senza però gli sprazzi di luce, con polizie meno efficienti di quelle guidate dal barone Scarpia della Tosca, che pure operava qui dietro, a Castel Sant’Angelo. Una Roma poco indagata, con grandi quantità di alcool nel quadrante Campo dei Fiori-Trastevere-Monti; per “pub crawling”, cioè abbuffate di alcolici in offerta speciale anche organizzate, ci sono molti siti e tutto un distretto e un indotto, su Internet. Conseguenze: normalmente, se va bene, molti hangover minorili e ricordi da tramandarsi su Instagram o per tutta la vita, e bagni in fontane pubbliche poco sorvegliate, vaghe proteste di residenti, al massimo multe; nei casi peggiori, arresti cardiaci. 

In tutto questo, il Centro di Roma diventa notturno, cattivo, perturbante, in un immaginario simmetrico all’esterno giorno cui ci hanno abituato film e libri: all’opposto delle vespette e agli spaghi che da Vacanze romane all’Americano a Roma di Alberto Sordi ai film turistici di Woody Allen, coi romani che cantano arie d’opera, e l’unico pericolo esistenziale rappresentato dalle buche. La Roma (centro) notturna ormai fa paura come grandi città del passato: anche nell’ultimo 007, Spectre, mostra una città perturbante di riunioni mafiose in palazzi di un barocco poco credibile, più simili a magioni inglesi, ma comunque inquietanti; una Ztl spaventosa vista in “Suburra” di Sollima, oscura e piovosa, dall’Hotel de Russie di via del Babuino al Parlamento. Ed è difficile capire quanto è percepito e quanto è reale, e però in tanti cominciano a dire che il Centro «sta diventando come negli anni Ottanta», cioè pericoloso, con parcheggi e tavolini e spaccio e meretricio selvaggi, in alcune zone.

E anche il vecchio detto, «l’unica città occidentale senza un quartiere europeo», lascia il posto a sensazioni di capitali davvero mediorientali e pericolose (mentre se si sale in metropolitana, pare la New York dei Guerrieri della Notte, se si volesse fare un film ambientato nel Bronx, basterebbe prendere la linea A verso piazza Vittorio). Al centro di tutto, poi, da sempre, il Tevere.
 
E lì, altri mutamenti: oltre la Grande Bellezza, altro che le passeggiate all’alba di Jep Gambardella, qui la notte si rischia di trovare cadaveri affioranti; già qualche anno fa c’era stata la tremenda storia del bambino gettato nel fiume dal padre (poi ritrovato a Fiumicino, altro luogo di approdo di mitologie notturne e criminali della Roma 2016, dalla stessa Suburra a Non essere Cattivo). E al di là della retorica delle periferie, forse qualcosa è sfuggito di mano, Ponte Sisto al tramonto è più pericoloso di Borgata Ottavia, Ponte Sisto è una Gomorra solo con un panorama migliore.
© RIPRODUZIONE RISERVATA